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La Camusso e la guerra dei voucher

Parliamoci chiaro. Eliminare per legge i voucher per evitare al governo di perdere il secondo referendum e poi varare una legge che li ripristina, sia pure in modo più restrittivo, a me pare un po’ patetico. Dunque qualche ragione, se non altro metodologica, la Cgil di Susanna Camusso ce l’ha. Come non si può non darle torto, se i suoi dati sono esatti, che l’effetto sulla disoccupazione dei 216 miliardi spesi, é stato scarso, anche se non nullo, come la leader del maggior sindacato italiano ha dichiarato nel suo comizio durante la manifestazione di quest’oggi a Roma. Tutto sommato non possiamo non registrare qualche risultato positivo frutto di una ripresa che in questi mesi pare più marcata del previsto e in grado di garantirci, secondo le stime, un 1,3 su base annua.

La disoccupazione giovanile a marzo del 2017 dal 44,2 per cento di due anni orsono é scesa al 37, mentre complessivamente i disoccupati si attestano all’11,7 (nel luglio 2015 erano al 12,7) anche se la percentuale segna un leggero aumento rispetto ai mesi di gennaio e febbraio. Tutti dati che ci vedono tuttavia al terzultimo posto in Europa, dietro solo a Grecia e Spagna, ma con quest’ultimo paese che sta crescendo tre volte più dell’Italia. La lotta alla disoccupazione deve restare l’obiettivo fondamentale del governo. E se la Cgil non ha torto a rimarcare i risultati non certo adeguati agli sforzi anche economici del governo (spesso abbiamo contestato la strategia delle mance, anche quelle indiscriminate che vengono elargite alle imprese, e giustamente contestate da Francesco Giavazzi sul Corriere), fatichiamo a trovare un nesso logico tra lotta alla disoccupazione e lotta ai voucher.

Fossimo in una fase espansiva della nostra economia, come negli anni sessanta, quando il problema di fondo non era il lavoro, ma la sua qualità, quando non a caso, in un’economia allora largamente monopolio dell’industria, veniva approvato lo statuto dei diritti dei lavoratori e in esso l’articolo nove, potremmo davvero fare a meno dei voucher e pretendere che anche le badanti, gli studenti che vanno a vendemmiare, gli insegnanti che danno lezioni a nostro figlio, paghino le tasse fino all’ultimo centesimo oppure sopporteremmo tranquillamente di pagarli in nero. Oggi no. Questo non è sopportabile. Nel contempo il rischio di un abuso di questi strumenti esiste e in parte é stato verificato. La nuova legge restringe queste possibilità. Ammetterli solo in certe aziende (quelle inferiori ai cinque dipendenti) non é casuale. Resta il fatto che come in ogni legge anche in questa si troverà l’inganno. Ma fare di questa materia l’occasione di una nuova crociata non mi pare giusto. Anche perché troppi sono i giovani, e anche i non più giovani, che aspettano un lavoro qualsiasi. E non lo trovano. Su questo la Camusso ha ragione. I voucher c’entrano pochino. L’Italia, anche senza voucher, cammina troppo lentamente e la terzultima posizione anche nel calcio equivale a una retrocessione.