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Tra Prodi Vinavil e la scure del Brancaccio

19 Giugno 2017 767 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Romano Prodi non accetta di fare l’attore, ma sta facendo il regista. Un ruolo più importante e significativo, perché a lui sono affidate le speranze di unire il centro-sinistra italiano. Si è autodefinito, con una buona dose di autoironia tipicamente emiliana, un Vinavil, un mastice potente. Il proposito é buono, ma la situazione è quanto meno complicata, per non dire disperata. Per ricomporre il centro-sinistra servirebbero due condizioni. La prima è che esista una legge elettorale che ammetta le coalizioni (si potrebbero ugualmente comporre liste di coalizione, ma sarebbe assai più complicato). La seconda é che esista la volontà dei soggetti di centro-sinistra di coalizzarsi.

Partiamo dai partiti in campo che, nell’area del centro-sinistra, dovrebbero andare da Alternativa popolare fino a Sinistra Italiana. Il diametro appare subito troppo lungo. Entrambe le forze escludono di apparentarsi tra loro. Anzi, la prima esclude addirittura di apparentarsi col Pd. Nell’ultima fase, alla luce dell’intesa fallace sul modello elettorale tedesco, anche l’alfaniana Alternativa popolare, ricambiata a suon di sarcasmo da Renzi, non pare proprio così convinta di continuare un rapporto di collaborazione col Pd. Dal canto suo Renzi esclude qualsiasi forma di collaborazione col partito degli scissionisti, che, dal canto loro, paiono intenzionati o a costruire un nuovo centro-sinistra senza il Pd (impossibile) o a prefigurare, uso la frase di Bersani, un governo di centro-sinistra in forte discontinuità col recente.

Basterebbe una sola mossa, la mossa del cavallo, per rimettere le cose a posto. Il nuovo centro-sinistra di Vinavil Prodi si potrebbe fare togliendo di mezzo Renzi e candidando Letta come suo leader. Prodi l’ha fatto capire. Chi è segretario del partito, a giudizio di Prodi, non é opportuno sia anche candidato alla guida del governo. I suoi incontri con Letta inducono a ritenere che l’alternativa sia già stata individuata. A quel punto Mdp e Pisapia potrebbero rientrare in partita e perfino Alfano se non avrà preclusioni a sinistra. Ma Renzi accetterà di fare non uno, ma due passi indietro, quello da candidato leader, ma anche da leader politico della coalizione, accettando di fatto una strategia opposta a quella proclamata? Ne dubito.

Dovrebbe di fatto offrire la sua testa in cambio dell’unità, contraddicendo il risultato a lui favorevole delle primarie. E piegandosi ai dictat dell’assemblea del Brancaccio che ha sancito l’inedito abbraccio tra D’Alema e Vendola, tra Fratoianni e Civati, di Anna Falcone e Tomaso Montanari fino al contestato Gotor. Il proposito di costoro, peraltro, non é quello di unire il centro-sinistra ma di costruire, come ha detto Montanari, un soggetto alla sinistra del Pd. Mentre una parte dell’assemblea (vizio antico della sinistra) se la prendeva coi senatori di Dp perché si erano assentati dall’Aula al momento della votazione sui voucher, Civati se l’é presa con Pisapia: “Se vuole unirsi a noi bene, se vuole andare con Renzi non lo tratterrò”, ha dichiarato. Viene il serio dubbio che l’unità del centro sinistra si riduca solo a un possibile e nient’affatto probabile rapporto esclusivo tra Renzi e Pisapia, peraltro scartato da quest’ultimo.

Trai tanti incarichi ricevuti da Prodi questo mi pare il più arduo. Una mission impossible. Restano i socialisti, quei socialisti ancora iscritti al Psi che hanno scelto di recarsi al Brancaccio e sono in procinto di aderire al nuovo soggetto o quanto meno alla nuova lista Vendola, D’Alema, Civati. Ho sempre rimarcato come le nostre differenze non fossero attinenti l’autonomia, ma la collocazione. Coloro che contestavano il nostro rapporto di collaborazione col Pd in nome di una nostra maggiore indipendenza e alimentavano la suggestione della presentazione di liste socialiste avevano in realtà in mente una scelta di campo diversa, più o meno quella anticipata da Risorgimento socialista. Questa non è la nostra scelta, non é la mia. Vedremo se nelle future contrattazioni i cosiddetti Socialisti in movimento riusciranno a strappare qualche candidatura. Non li ripagheremo della stessa moneta, accusandoli di avere svenduto il nostro patrimonio per un posto. Continueremo a parlare di politica, senza insulti e crucifige. Ma anche sapendo che il loro dissenso mascherava una politica opposta a quella deliberata da due congressi socialisti svolti in meno di un anno.

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