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Il caso Charlie e la libertà di scelta

Abbiamo sempre affermato il valore della libertà di scelta di fronte alla morte. Per questo continuiamo a batterci perché l’Italia si doti finalmente di una legge sul fine vita, che ancora langue per pregiudiziali integraliste davvero incomprensibili e anche insopportabili. Il valore della libertà va difeso sempre. Abbiamo ripetuto che ovviamente non ci sono obblighi e se una persona sceglie di vivere anche in uno stato vegetativo si deve rispettare la sua volontà sia essa compiuta per motivi religiosi, perché la nostra vita non ci appartiene, o semplicemente per convinzioni personali. Si é molto parlato del rapporto tra coscienza e incoscienza. La dimensione dell’incoscienza non é perlustrabile. Difficile, per chi non accetta l’idea che la vita sia solo razionale, acquisire la certezza che si possa decidere nella prima dimensione quel che si dovrebbe fare nella seconda. Per chi pensa invece che solo nella situazione di coscienza si debba scegliere come comportarsi qualora si passi allo stato incosciente, è giusto affermare una volontà attraverso un preventivo testamento cosiddetto biologico.

Così come siamo favorevoli al testamento biologico e personalmente anche all’eutanasia, che é possibilità e non certo imposizione, siamo perplessi oggi di fronte al caso Charlie, quello di un bambino di pochi mesi affetto da una rarissima e incurabile malattia al quale tre sentenze di giudizio, compresa la Corte suprema d’Inghilterra, hanno dichiarato di sospendere le cure per lasciarlo morire. Qui siamo di fronte a un bambino incosciente, che secondo le autorità preposte non é in condizione di percepire nulla non avendo alcun collegamento col cervello. I genitori, i coniugi Gard, si oppongono a questa decisione e intendono continuare a chiedere di garantire al povero neonato cure e assistenza. Si é fatto avanti, dopo una presa di posizione del Papa, l’ospedale Bambin Gesù di Roma dichiarando la piena disponibilità di accogliere Charlie oggi ricoverato all’Hospital di Londra, mentre già s’avanzano purtroppo i soliti ciarlatani che si dicono in grado di offrire miracolose terapie.

Si pone un grande problema per i fautori della libertà di scelta. In questo caso chi deve decidere o meglio chi é giusto che decida? Diremmo il paziente, ma il paziente è un neonato. Dunque i genitori, non i medici o i giudici. A meno che la scelta dei genitori non sia in palese conflitto con quella del bimbo. Cioè se i genitori volessero tenere in vita il neonato facendolo inutilmente soffrire, in questo caso e solo in questo caso la tutela dell’interesse di Charlie dovrebbe passare ad altre autorità. Questo il senso dell’intervento dei giudici che evidentemente hanno registrato una divaricazione tra le scelte dei genitori e l’interesse stesso del bambino ad evitare inutili sofferenze. Francamente non vedo quale sofferenza possa percepire un neonato senza alcun rapporto con la realtà e peraltro con le terapie anti dolore oggi ovunque praticate. Per tutto il resto invece io trovo giusto che i fautori della libertà di scelta difendano le decisioni della mamma e del papà di Charlie. Da laico e da sostenitore della libertà troverei sacrosanto che lo stato metta in condizione due genitori di non privarsi, anche se in condizioni disperate, della vita, anche solo biologica, del loro bambino.