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Tripoli bel suol d’amore?

8 Agosto 2017 646 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

L’Italia ha fatto bene a salvare le vite umane di tanti disgraziati finiti in mare da imbarcazioni indecenti e rischiose, messe in acqua da pirati e contrabbandieri di esseri umani. Non penso sia in discussione la logica e il fine di Mare nostrum e di Triton. I problemi esplosi sono essenzialmente due. Il primo é relativo all’ipotesi formulata dal procuratore di Catania sul rapporto non sempre lineare tra trasporto degli immigrati e Ong, per la verità in qualche modo anticipato, almeno nella fase finale, dalla famosa telefonata di Buzzi sui guadagni che la sua cooperativa faceva cogli immigrati, che rendevano, a suo giudizio, addirittura più del commercio di droga. Il secondo é relativo al massiccio aumento di sbarchi in Italia in questo metà anno, dovuto anche, ha sostenuto Emma Bonino, agli accordi contemplati al momento di sottoscrivere gli impegni su Triton quando l’Italia, anche in cambio ad una flessibilità dei conti, avrebbe accettato di ospitare nei suoi porti anche le navi straniere che trasportavano emigrati nel Mediterraneo provenienti dall’Africa.

Sul primo punto le cose andrebbero chiarite. E’ evidente che la gestione degli immigrati produce utili. Di quanto? Il problema é sapere come questi disgraziati vengono trattati dalle cooperative e dagli enti preposti o convenzionati. Ci sono realtà come il famoso Cara di Mineo che sono una ferita aperta ai principi umanitari dell’accoglienza. Poi ci sono associazioni che fanno il loro dovere, e alcune che ne approfittano. Se lo stato stanzia 35 euro giornalieri a persona, bisognerebbe sapere qual’é il limite oltre il quale il guadagno non può andare senza minare il livello anche minimo di decente trattamento delle persone. Il tema, poi, si intorpidisce se si ritiene esista una rete, un circuito perfetto, tra organizzazione del trasporto dei clandestini, il loro prelievo da parte delle imbarcazioni delle Ong e il loro trasferimento ed eventuale sfruttamento da parte delle cooperative e delle varie associazioni. Tutto questo va provato e non può rimanere nell’alveo delle ipotesi suggestive quanto terribili.

Il caso Juventa, con le confessioni del “traditore” Cristian Riccii, porta acqua al mulino dei sospetti. Si tratta di una nave che risponde a una organizzazione tedesca. Potremmo cavarcela con l’eccezione. Resta il fatto che rispetto al protocollo d’intesa del ministro Minniti, che prevede le forze di sorveglianza militare a bordo delle navi, l’organizzazione dei Medici senza frontiere ha manifestato il suo aperto dissenso rifiutandosi di accettare quanto proposto dal governo. E’ giusto, é possibile, é accettabile? Il tema non può essere quello di una generale colpevolizzazione di organismi volontari che operano per salvare vite umane, ma quello di selezionare i buoni e giusti atti umanitari da eventuali traffici illeciti possibili grazie alle azioni umanitarie. Perché un’associazione cone Medici senza frontiere non accetta a sua volta di essere controllata e difesa? A volte il bene lo si può fare a fin di male.

Secondo Emma Bonino di 300 mila immigrati all’anno l’Italia ha assoluto bisogno, e i diritti umani vanno salvaguardati ovunque nel mondo. Anche in Libia dove proprio ieri sono stati fermati e arrestati 800 uomini, donne e bambini pare rinchiusi oggi in una sorta di lager. Vale la pena ricordare quel che stava alla base del cosiddetto lodo Gheddafi, quando gli africani arrivavano in Libia e venivano fermati e trattenuti (non si sa come) e forse rispediti nei paesi d’appartenenza. Giusto occuparci noi dei nostri sacrosanti diritti di sicurezza, ma non può essere ignorato il modo in cui si troverebbero a vivere le persone e le famiglie respinte. Devono tornare dove c’é fame e sottosviluppo? Devono essere arrestate e private dei loro più elementari diritti? Facile dire ancora “aiutiamoli là”, ma la verità é che un paese come il nostro spende per gli aiuti ai paesi del terzo mondo meno di tutti gli altri. Vedremo se al giusto proposito di Renzi corrisponderanno adeguati stanziamenti nella imminente legge di stabilità.

Intanto partiamo per Tripoli, e stavolta non per un’invasione come accadde nel 1911. Partiamo per fare scudo a partenze clandestine, a traffico illegale di migranti, a rischiosissime attraversate con gommoni di riserva. Penso sia giusto. Non e un’azione militare ma un atto peraltro sollecitato o almeno accettato dal governo Serraj. Fossimo davvero quel che ci dichiariamo dovremmo occuparci anche del destino dei respinti, non lasciarli all’arbitrio e al sopruso delle autorità locali. Resta incredibile come l’Italia, contrariamente alla Francia di Macron, non abbia ancora accettato l’idea che i governi in Libia sono almeno due (lasciando perdere le varie tribù ancora prevalentemente gheddafiane). Se vogliamo collaborare con la Libia dobbiamo avere rapporti anche con Tobruk e col generale Haftar. Altrimenti accade quel che é già accaduto. E cioè che le nostre navi vengano accolte come quelle giolittiane di 106 anni fa. E le nostre bandiere bruciate in piazza. Non lo meriteremmo. Innanzitutto noi, ma neanche loro.

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