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Vivere la guerra

Forse il fatto che finora non si sia consumata alcuna strage in Italia ci rende meno permeabili al clima di morte e di distruzione che l’integralismo islamista ha seminato negli altri paesi. Ma anche noi siamo coinvolti e non possiamo sentirci in pace. Criticai allora il modo col quale il governo Renzi reagì alla strage di Parigi. Disse di non sentirsi in guerra. Da allora non si contano le carneficine consumate in Europa (e non solo). Lo stato islamico é stato finalmente oggetto di una iniziativa bellica di conquista da parte della coalizione antiterrorismo che, oltre ai preponderanti aiuti aerei americani, ha soprattutto contato sull’eroismo dei curdi e sulla massiccia partecipazione degli sciiti iraniani.

Oggi lo stato islamico, dopo la conquista di Mosul e l’offensiva su Rakka, fa meno paura. Difficile pensare che il governo Al Bagdadi, o chi per lui, possa coordinare, organizzare e finanziare tutti gli attacchi omicidi che si verificano. Più facile ritenere che se ne faccia vanto dopo avere invitato con apposito comunicato i suoi adepti a scatenare ovunque barbari gesti di morte, precisando anche le forme (furgoni lanciati contro la folla, coltelli da usare per finire la strage). Oggi dobbiamo fare i conti, secondo gli esperti, con singoli o gruppi ristretti di terroristi, disposti a uccidere e a farsi ammazzare in nome di una guerra di religione, perché questa, inutile nasconderlo é guerra di religione o, ancor meglio, per la supremazia di una religione.

Non é guerra dei musulmani contro il resto del mondo perché i musulmani sono ancor oggi i più colpiti da questa fanatica offensiva. Colpiti perché la maggior parte di loro non partecipa a questa guerra, rifiuta la jihad, dialoga e convive pacificamente con gli altri. E viene dunque ritenuta complice, punita perché tradisce. La guerra scatenata dall’Isis e dalle altre organizzazioni terroristiche è dunque duplice, contro l’occidente satanico e peccatore e contro i governi e i popoli musulmani loro complici. Come sempre in guerra bisogna fare la scelta del meno peggio. Al Sisi (il caso Regeni scotta ancora) e Assad sono tutt’altro che santi, ma stanno combattendo il nostro stesso nemico, quello che a Barcellona ieri ha fatto strage di turisti, tra cui due giovani italiani, compreso un sorridente bambino di sette anni, e un piccolo di appena tre che si affacciava alla vita.

Inutile sottolineare la crudeltà preordinata di un mostruoso atto di morte. Quel sorriso afasico di chi maciullava innocenti. Era in preda al fanatismo che assicura per lui il paradiso coi noti piacevoli dettagli, mentre alla sua famiglia vengono garantite impensabili ricompense. Questo è il nostro mondo. Inutile girarci dall’altra parte. Cosa fare? Vivere come se nulla fosse successo? Non condivido. Non credo che sarà facile camminare nelle arterie delle grandi città europee senza che il pensiero scorra a quel che é avvenuto nella Rambla dì Barcellona, e prima a Londra, a Berlino, a Nizza. Senza avvertire un fremito al primo colpo innocente di gas. L’Europa deve agire. Sappiamo cosa pensa al riguardo Emmanuel Macron, e cioè di attrezzare un’unica intelligence europea e un sistema comune di difesa adeguato. Abbiamo aspettato troppo tempo. Troppo tempo a baloccarci col 3 per cento e con i compact in regalo. Occorre attrezzarci a una vita fatta di incursioni omicide. Per sventarle bisogna conoscere i biechi intendimenti dei mercanti di morte (davvero gli americani avevano avvertito l’intelligence iberica del possibile attentato a Barcellona?), sgominare tutti i centri terroristici, mettere al muro coloro che il terrorismo sostengono e finanziano. Lo dica Trump che lo ha detto a metà. Non si può essere amici dell’Occidente se si è collusi col terrorismo. Chi é amico del mio nemico é mio nemico, anche se ci fa guadagnare con affari milionari. Ce lo chiede il viso di quei due bambini che non vedranno mai più il volto della mamma.