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Le mie idee a Orvieto

Questo nostro incontro è la dimostrazione che esiste un Psi sul territorio, con amministratori eletti in liste di partito, di area, civiche o di coalizione. Due le certezze. Siamo l’unica sigla socialista che si presenta (ho letto che Risorgimento contesta da sinistra assieme a Rifondazione comunista anche la candidatura di Fava in Sicilia, ed é alle prese con uno scivolamento senza fine verso gli anni cinquanta). E siamo dopo il Pd il soggetto del centro-sinistra maggiormente presente, ancor più di Mdp e di Alternativa popolare, nei comuni italiani. Occorre dunque far vivere, coordinare, orientare politicamente questo nostro mondo.

Propongo all’attenzione degli amministratori locali alcuni temi e qualche riflessione. Il primo riguarda l’assetto delle nostre istituzioni. Con una raccomandazione. Non usciamo di qui solo con idee e proclami. Serve il dopo. Occorrono proposte di legge, iniziative politiche, mozioni e interpellanze. Una questione istituzionale rimbalza dinnanzi a tutti. Le leggi degli ultimi anni tendono a ribaltare un rapporto tradizionale tra base e vertice. Trasferendo il potere ai capi e sottraendolo all’elettorato. Attenzione, perché il passaggio dalla democrazia alla monocrazia può avvenire senza accorgercene. Le province non sono state abolite. Per la verità si sono aboliti i consigli provinciali. Cioè gli enti elettivi, mentre le giunte comunali e regionali non sono più elette dai consigli ma dai sindaci e dai governatori, eletti sì direttamente ma in coalizioni o liste dove l’elemento politico prevale su quello personale. I Consigli comunali sono espropriati di ogni facoltà e diventano solo lo spazio per discutere (oltre al bilancio) mozioni, interpellanze e interrogazioni. Io penso che i socialisti debbano presentare una proposta di legge per ribaltare questo squilibrio e per ridare più potere al popolo, agli enti elettivi e meno ai monarchi più o meno assoluti che possono nominare e sostituire i loro assessori, gli enti municipali e regionali e le partecipate. Primo impegno. Ripristinare l’eleggibilità del Consiglio provinciale, anche perché le province non sono state abolite in Costituzione e continuano a mantenere funzioni importanti nel campo della viabilità e della scuola. A mio pare personale le province come entità non solo geografica, ma anche politica e amministrativa, non possono essere sostituite da nessun’altra istituzione. Sono provinciali l’informazione, i partiti politici, le associazioni di categoria, perfino le targhe delle automobili. Solo l’ammnistrazione deve prescinderne? Questa é una forzatura contro la storia e la realtà odierna.

Sono semmai le regioni a dovere essere cambiate. E’ la dimensione regionale che non è passata, che i cittadini sentono lontana, quando non esistente. Le regioni sono troppe e devono smetterla di gestire. Sono nate per pianificare e legiferare. Com’é avvenuto in Francia devono essere accorpate. Che senso ha, lo dico in Umbria, lo potrei dire nelle Marche, in Abruzzo, e ancor di più in Molise e in Basilicata, tenere insieme regioni di qualche centinaio di migliaia di abitanti. Un quinto di una città metropolitana. E infine l’accorpamento dei piccoli comuni. L’amico e compagno Ricci ha parlato di unioni volontarie. Ho qualche dubbio che i piccoli comuni possano volontariamente propendere verso il loro accorpamento. Nella mia provincia si son svolti due referendum con l’obiettivo dell’unificazione di più comuni e sono stati persi entrambi. Riepilogando dunque: reintroduzione dei Consigli provinciali elettivi, aggregazione di più regioni, accorpamento dei piccoli comuni. Forse anche una seria riflessione sulle conseguenze della legge del 1990 che ha creato sindaci e governatori con poteri pressoché assoluti.

Resto al tema del rapporto Stato-regioni. Stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un atteggiamento schizofrenico. La Lega da secessionista é divenuta nazionalista, dopo avere fatto passare una devolution che mitigava gli estremi regionalisti della riforma del Titolo V approvata dall’Ulivo. L’ampolla del Po é stata assorbita dalle felpe di Salvini. Ma lo stesso centro-sinistra ha voluto una riforma costituzionale per superare il nuovo titolo V, per togliere gli eccessi regionalisti in funzione di un accentramento dei poteri. Oggi vedo invece che i partiti di sinistra si schierano a favore di un ulteriore decentramento dei poteri in senso regionalista approvando i referendum di Lombardia e Veneto mentre il governatore dell’Emilia-Romagna Bonaccini auspica, per non essere da meno, un analogo questionario nella sua regione. Tutto questo poi si scontra con la realtà sulla nomina del commissario per il terremoto. Dalle parole ai fatti. Altro che attenzione al territorio. Ma é possibile che si debba passare da Errani alla De Micheli e non assegnare questo compito a un esponente del territorio? Questa ad esempio può essere una critica che il partito dovrebbe manifestare al governo.

Un ulteriore elemento di azione politica e amministrativa riguarda lo sciagurato patto di stabilità che ha bloccato gli investimenti. Con tutte le modifiche che sono subentrate i socialisti devono in ogni occasione fare presente che un conto sono le spese correnti altro gli investimenti. La Merkel ma vedo anche Moscovici evidentemente non la pensano ancora così. Gli investimenti anche quando sono fatti a debito producono Pil e dunque non solo danno lavoro ma riducono il rapporto tra Pil e debito e tra Pil e deficit.

Certo occorre anche dimostrare di sapere ridurre le spese correnti e qui qualche fallimento lo dobbiamo registrare sulla cosiddetta spending review. I commissari che si sono succeduti in questi anni sono più numerosi degli allenatori sostituiti da Zamparini. E forse anche degli assessori della giunta Raggi. Diciamo la verità, a forza di proclamare si é fatto troppo poco e la spesa contrariamente agli altri paesi, dalla Spagna all’Inghilterra, non é diminuita. E’ utile e positivo come pensa di fare Renzi, ma non mi pare che Gentiloni Padoan e Callenda la pensino così, finanziare a deficit la diminuzione delle tasse? O é meglio concentrarci sugli investimenti? Sulla riduzione delle tasse noi abbiamo giustamente messo in risalto l’iniquità dell’abolizione generalizzata della Tasi sulla prima casa anche per chi aveva la possibilità di pagarla. Si é trattato di un’operazione di iniquità sociale.

Poi la sicurezza e l’immigrazione. Il primo problema a giudizio degli italiani, il più sentito. Gino Strada ha definito Minniti uno sbirro. Si vergogni, Strada, a usare la parola sbirro riferita a poliziotti e carabinieri che, a parte pochissime e biasimevoli eccezioni, e con paghe da fame, svolgono un lavoro eccelso per garantire l’ordine pubblico. Finalmente il governo ha una strategia che sta raccogliendo risultati, finalmente stiamo operando a monte e non a valle, cioè in Libia, per bloccare scafisti e viaggi della morte, per impedire torbidi intrecci tra qualche Ong e i profittatori dell’assistenza. Resta un capitolo tutto da scrivere e riguarda da un lato la condizione dei campi di accoglienza in Libia che devono assolutamente passare sotto l’egida e la gestione dell’Onu e dall’altro i finanziamenti che l’Europa deve mettere a disposizione dell’Italia e dei paesi di origine dei migranti affinché il loro ritorno non sia quello all’emarginazione e al sottosviluppo. Ma quelli che accogliamo, quelli che stanno oggi in Italia, facciamoli lavorare. Non é accettabile per i nostri vedere che giovani immigrati ozino dalla mattina alla sera negli alberghi e nei dintorni mantenuti dallo stato. Occorre impiegarli in lavori socialmente utili e smetterla con la concentrazione dei migranti o in un campi o pigiati a centinaia in edifici enormi. Occorre seminarli a piccoli gruppi sul territorio, farli lavorare, integrandoli così con la nostra comunità, rendendoli a pieno titolo parte di noi.

E infine l’ambiente, che abbiamo trattato poco nei nostri tavoli. Terremoti, disastri, inondazioni stanno interessando il mondo. L’Italia ha conosciuto recentemente un nuovo disastroso terremoto nell’isola di Ischia. Il nostro territorio e le nostre abitazioni sono quotidianamente sottoposte a rischi che producono morte. Dopo Amatrice ho sollecitato sull’Avanti i nostri a presentare due piani. Uno immediato sull’emergenza e l’altro per la messa in sicurezza del territorio e delle abitazioni. Il caso di Ischia conferma questa necessità. Penso che questo debba essere oggi il principale investimento dell’Italia e che questo debba essere considerato fuori dai patti europei. Sarebbe oltretutto occasione di lavoro e di sviluppo. E potrebbe interessare pubblico e privato. Anche qui basta coi piagnistei del dopo. Anche sulla questione delle case abusive basta con le logiche clientelari ed elettorali. Ho letto che i Cinque stelle in Sicilia distinguono gli edifici illegali tra edifici di necessità e superflui. Sono impazziti? Per un voto non si può far rischiare la marte.