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Galli della Loggia e lo ius soli

27 Settembre 2017 1.072 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Nel suo editoriale sul Corriere Ernesto Galli della Loggia svolge osservazioni di estremo interesse sullo ius soli e in particolare sul concetto di cittadinanza in riferimento ai migranti di cultura islamica. Vorrei tentare di approfondire la sua tesi di fondo. E cioè che coloro che provengono dall’islamismo e seguono la sharia propongono problemi di non facile soluzione ai fini di una reale integrazione nella (non con la) nostra società e nei suoi valori di fondo. Verissimo. Resta vero, e questo Galli della Loggia peraltro non propone, che non si possano affermare diritti selezionandoli per religione, etnia, provenienza.

Che una cittadinanza corrisponda all’accettazione di un insieme di valori comuni è del resto richiesto anche dalla legge in vigore che impone un giuramento formale di rispetto e piena accettazione dei principi della nostra Costituzione, anche se càpita (é accaduto anche a me non di rado, nelle vesti di pubblico ufficiale) che la lettura del giuramento sia quasi incomprensibile perché i soggetti interessati, dopo nove anni di residenza nel nostro paese, non conoscono quasi per niente la lingua italiana. E questo succede più spesso alle donne che, evidentemente, per nove anni sono tenute all’oscuro degli avvenimenti del paese ove vivono, non leggono libri e giornali italiani, non guardano la tv, non partecipano alla vita dei social, non hanno relazioni con i loro nuovi concittadini. E questo imporrebbe qualche rettifica al concetto di cittadinanza che dovrebbe imporre, pena la sua negazione, almeno la piena conoscenza della nostra lingua.

Non capisco però cosa c’entri tutto questo con lo ius soli (la possibilità di essere riconosciuti cittadini italiani al momento della nascita in Italia per i figli di migranti in possesso di un permesso di soggiorno di almeno cinque anni, ma il genitore che non proviene da paesi Ue deve avere inoltre un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, deve disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge, deve superare un test di conoscenza della lingua italiana). Anzi finalmente il riconoscimento della cittadinanza del figlio impone un’esame sulla conoscenza della lingua per il padre. Né capisco che c’entri con lo ius culturae (la possibilità di ottenere la cittadinanza per i figli dei migranti arrivati in Italia entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico, nonché per i ragazzi nati all’estero ma che arrivano in Italia fra i 12 e i 18 anni, dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico).

I neonati o i ragazzi fino ai 18 anni che di fatto, frequentando da tempo la nostra scuola, vivono una vita di comunità, conoscono la lingua, studiano la nostra storia perché mai non dovrebbero essere riconosciuti italiani e dovrebbero aspettare il compimento della maggiore età? Costoro che c’entrano con le giuste valutazioni di Galli della Loggia? Non solo. Ma attribuendo loro eguali diritti rispetto ai nostri figli, non si sentiranno essi più legati alla nostra società e non solo ai diritti, ma anche ai doveri che le nostre leggi impongono? Mi pare infine perfino ovvio scartare l’ultima obiezione, non di Galli della Loggia, ma di commentatori improvvisati secondo la quale lo ius soli provocherebbe una più massiccia popolazione di elettori per un plausibile partito musulmano. Non mi risulta che il diritto di voto in Italia sia attribuito anche alla popolazione inferiore ai 18 anni di età. Per quella superiore bastava la Bossi-Fini. Un partito islamico grazie alla Bossi-Fini non l’aveva però pronosticato nessuno.

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