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Difendiamo il popolo curdo

Riprendo il grido d’allarme lanciato da Paolo Mieli sul Corriere della sera a proposito della situazione in cui si trova il popolo curdo. La premessa è indispensabile anche se nota. E’ grazie soprattutto agli eserciti curdi, oltre all’aviazione americana, che si é vinta la guerra contro il Daesh, sottraendo al terrorismo un territorio divenuto stato. Se le città di Mosul e la capitale Raqqa sono state espugnate dopo battaglie cruente e settimane, anzi mesi, di azioni di terra e di bombardamenti, è perché i curdi erano in prima linea e combattevano anche per noi, per tutto il mondo civile che oggi si trova al centro di un’offensiva barbara dell’integralismo islamico. Questo è costato ai curdi un sacrifico enorme di vie umane.

Finita la festa, cioè la guerra (o quasi), gabbato lo santo? Così sembra. Oggi i curdi sono lasciati soli e “vengono dati in pasto”, lo sottolinea Mieli, “ai carnefici venuti dall’Iran e dall’Iraq”. Proprio mentre il presidente Barzani viene costretto alle dimissioni dopo avere promosso un referendum sul quale è stato calato, contrariamente a quello sulla Catalogna, il più colpevole dei silenzi. La comunità curda è smembrata dal trattato del 1923 in quattro territori appartenente all’Iraq, alla Siria, all’Iran e alla Turchia. E da allora non mancarono tensioni e focolai di guerra sia tra le diverse comunità curde, sia tra loro e gli stati a cui appartenevano e tuttora appartengono. Solo a seguito della cacciata di Saddam è stata poi istituita una sorta di regione autonoma all’interno dello stato iracheno, dopo le nefandezze compiute contro di loro dal regime (ricordiamo i gas usati per sterminare intere popolazioni da parte di Alì cosiddetto il chimico). Più o meno la stessa cosa, cioè la concessione di un minimo di autonomia, è accaduta nel territorio curdo della Siria, mentre sempre aspri sono rimasti i rapporti in Turchia e in Iran.

Tutto il mondo oggi, dopo le nuove imprese dei curdi contro lo stato islamico, si volta dall’altra parte e lascia che Iran e Iraq consumino le loro vendette. Con gli americani indifferenti e così gli europei. Una eccezione, in un mondo di falsi pacifisti (che vuole dire: io non faccio la guerra mai e lascio che vincano gli oppressori) e di falsi democratici (che vuol dire: la democrazia in casa d’altri, soprattutto se questi ultimi si prestano a fare i nostri interessi economici, non ci interessa) è costituita dalla Francia, grazie ai soliti e intelligenti intellettuali non contagiati dal virus dell’antioccidentalismo. A Parigi, al cinema Le Saint Germain, il 2 novembre si svolge una manifestazione dal titolo: “Avec le curdes, plus que jamais”. Questo grazie a personalità quali Bernard Henry Levi, Manuel Vals, Bernard Koutchner, che con altri l’hanno promossa. L’Italia ha conosciuto l’epopea delle manifestazioni: sul Vietnam, sul Cile, sulla Cambogia, sulla guerra (anzi contro la guerra) a Saddam. Ma sempre coniugando le iniziative con uno spirito anti americano. Coi curdi i nostri marciatori non sanno a che santo votarsi per gridare qualche slogan ancién regime. Così preferiscono tacere. E mai come oggi il silenzio è complice.