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Noi e i radicali

Credo di avere fatto tutto quello che era nelle mie possibilità per arrivare a un’intesa tra socialisti, verdi e radicali. Di averci messo l’anima, nella convinzione che questa potesse essere non solo l’occasione per presentare una lista elettorale capace di superare il tre per cento e di eleggere un gruppo autonomo di parlamentari, ma che potesse configurarsi anche come futuro progetto politico d’impronta solidaristica, ecologista e liberale. Dopo le spinte all’autosufficienza in casa radicale (sarebbe meglio dire “da parte della costituenda lista Più Europa per Emma Bonino”) ho scritto una lettera aperta, ho avuto diversi contatti con alcuni esponenti della lista, mentre anche Nencini faceva pienamente il suo. Mentre con i Verdi di Bonelli l’accordo é stato semplice e il loro comportamento leale e costruttivo, con la lista Bonino tutto si è tremendamente complicato.

Oltre all’autosufficienza, incomprensibile davvero, in quanto nessuno metteva in discussione né la leadership della Bonino, né la spinta europeista che la caratterizzava, da parte di costoro é stata solamente avanzata a più riprese l’esigenza di tagliare e molto il numero di firme necessarie per la presentazione delle liste. Il che testimoniava l’indisponibilità ad aprirsi all’intesa con socialisti e verdi, che di firme non abbisogna, in quanto al Senato é vigente il gruppo parlamentare Psi e autonomie. Ora pare che se il governo non emetterà il decreto auspicato la lista Bonino correrà da sola, al di fuori dell’alleanza di centro-sinistra. Che le firme siano un elemento discriminante per governare l’italia del dopo elezioni pare quanto meno opinabile.

Di più. In un’intervista-discorso a Radio Radicale Emma Bonino, dopo essere stata al congresso del Psi di Roma a rimpiangere la Rosa nel pugno, ha dichiarato che i socialisti pensano solo ai posti. Si tratta di parole scivolate via per giustificare una separazione scelta o di personale convinzione politica? Peccato che Emma Bonino dai socialisti non abbia rifiutato l’indicazione a presidente della Repubblica, votata poi coerentemente dai parlamentari del Psi in occasione dell’ultima elezione. Questa accusa d’altronde é la stessa che un’altra parte di radicali imputa alla lista Bonino, che dovrebbe lanciare un paio di suoi candidati nei collegi uninominali a prescindere dal raggiungimento del tre per cento sul proporzionale.

Chi di spada ferisce, di spada perisce, dunque. Resta il dilemma. Perché (e non si é mai parlato di programmi, cara Emma) non si é scelta la strada più semplice per arrivare a Roma, quella di una mai sopita convergenza ideale e politica, che potesse garantire rappresentanza e autonomia? E si é preferito invece imboccare una strada parallela, rendendo entrambe più dense di pericoli? Troppo forte il sospetto, ma qualche avvisaglia s’era avuta già in occasione delle elezioni comunali di Roma e di Milano, di solo miopi e calcolati interessi di cassetta. Sono il più deluso tra i socialisti, iscritto da sempre anche al Partito radicale transazionale e a Radicali italiani. Ho creduto a questa opportunità che la legge elettorale ci forniva. Rimescolare le nostre storie e quelle dei verdi sarebbe stato questo sì un progetto nobile e non di mera caccia ai posti. Si preferisce la strada più complicata che accentua invece le differenze e alimenta ostilità. Valli a capire…