Quando i comunisti si infiltravano tra i socialisti. Dal 2 giugno 1946 alla scissione del gennaio 1947
Lo sostengono apertamente due dirigenti comunisti dell’epoca: Gianni Corbi e Fabrizio Onofri. Ne richiama apertamente l’esistenza Antonio Landolfi, che parla di un’ “azione dell’apparato comunista contro l’autonomia del Psiup”. Dopo il congresso socialista di Firenze dell’aprile del 1946 nel quale erano prevalse le tendenze autonomiste e, soprattutto, dopo le elezioni per la Costituente del 2 giugno dove il Psiup era prevalso sul Pci (i socialisti si erano affermati soprattutto nel triangolo industriale del Nord con percentuali del 29%, in Veneto col 27,6% e in quelle rosse dell’Italia centrale col 24%, superati dal Pci in Emilia-Romagna e Toscana, mentre nel mezzogiorno il peso era piuttosto scarso, col 10,4%), i dirigenti comunisti misero in moto una forte opera di condizionamento interno al Psiup per favorire le componenti di sinistra e per ribaltare i rapporti di forza tra i due partiti, mettendo evidentemente in conto anche una possibile scissione in casa socialista. Sulla base di quanto pubblicato su “La Squilla” di Bologna e riportato anche da “La Giustizia” reggiana, perché aveva qualche attinenza con quanto si era verificato in alcune zone della provincia di Reggio, si deve pensare che il fenomeno di infiltrazione del Pci nel Psiup interessò da vicino soprattutto realtà regionale e locale, dove il Pci aveva acquisito la supremazia già a partire dalle comunali e provinciali del marzo.
L’articolo citato grida al tradimento nei confronti di “chi, appartenendo alla nostra schiera vi assale di sorpresa ed attenua le vostre possibilità di vittoria, chi comunque, essendo dei vostri, tenta di diminuire la vostra capacità di resistenza”. Dalla provincia di Forlì viene segnalato un caso specifico. Si riferisce al fatto che “tal Luciano Lama (iscritto al Psiup), pubblicamente (…) consiglia i suoi compagni di votare per il partito fratello”. Lama aderirà ufficialmente al Pci solo nel 1947. E veniamo alle dichiarazioni di Corbi e di Onofri, che ricopersero in quel periodo delicate funzioni all’interno dell’organizzazione del Pci. Sostiene il primo: “Di tanto in tanto, quando un giovane particolarmente capace mostrava il desiderio di iscriversi al Pci, il consiglio che gli veniva dato dai dirigenti comunisti (in alcuni casi sono stato io stesso a darlo) era invece di indirizzarsi verso i socialisti.
Naturalmente esistevano una serie di sfumature differenti. In alcuni casi si trattava di un vero e proprio incarico, affidato in maniera quasi ufficiale: come alcuni iscritti venivano inviati a lavorare nel sindacato o nelle federazioni provinciali o invece presso la Direzione nazionale, altri ancora erano inviati ad iscriversi al Psiup per salvaguardarne lo spirito unitario. Quando le cose si svolgevano in questo modo, ci si trovava di fronte a un effettivo fenomeno di doppia tessera (…). Il risultato era quello di creare all’interno del Psiup una infrastruttura che i dirigenti del Pci potevano manovrare secondo le esigenze. La mia impressione è che questo fenomeno si sia sviluppato specie dopo il 2 giugno proprio per controbilanciare la composizione prevalentemente riformista del Gruppo parlamentare socialista”.
Onofri ricorda: “La presenza del Pci all’interno del Psiup era derivata sia da coloro che si richiamavano alla linea Togliatti, che da coloro che si richiamavano alla linea Secchia. Per questi ultimi l’infiltrazione tra i socialisti era una delle tante mosse con cui ci si preparava all’ora x. Per Togliatti e per i togliattiani, che non credevano all’ora x, era invece un mezzo per garantirsi contro uno slittamento socialdemocratico del Psiup e un suo distacco polemico dal Pci. Per questo la pratica di dirottare una parte dei simpatizzanti comunisti verso il Partito socialista è cominciata all’indomani della Liberazione ed è durata per molti anni”.
Un fenomeno iniziato subito dopo la Liberazione, precisa Onofri, e che si intensificò dopo le elezioni del 2 giugno, secondo Corbi. Questo fenomeno doveva essere a conoscenza del gruppo dirigente del Psiup, visto che esso non poteva essere semplicemente subito, né era possibile che fosse così silenzioso e oscuro da essere ignorato. Una parte l’accettò, forse anche volentieri, per cementare sempre di più i rapporti unitari tra i due partiti e per porre freni al consolidamento delle correnti autonomiste, queste ultime lo subivano denunciandone di quando in quando l’esistenza, come avvenne, dopo la campagna del 2 giugno, sia a Reggio sia a Bologna. Forse gli autonomisti non pensavano a una vera e propria offensiva comunista nella seconda parte del 1946, tesa anche a ribaltare i rapporti di forza stabilitisi a Firenze e che con il successivo congresso sarebbero andati a capovolgersi. Quando ne avranno coscienza, anche a causa del vorticoso aumento del numero degli iscritti, pensarono che fosse ormai inevitabile la scissione.
D’altronde, al fenomeno dell’infiltrazione di funzionari e militanti comunisti nel Psiup si sommava, da parte del Pci, una dura polemica pubblica nei confronti della nuova maggioranza socialista scaturita al congresso di Firenze, in nome della difesa più ortodossa del patto d’unità d’azione e dell’unità del movimento proletario. La polemica, dura e a tratti sprezzante, riprese con maggior forza dopo la doppia vittoria elettorale del referendum e delle elezioni per la Costituente, che avevano visto i socialisti primeggiare sui comunisti. Sul piano politico il conseguimento dell’obiettivo della repubblica veniva attribuito ai socialisti e a Nenni soprattutto, non certo ai comunisti che sull’argomento, a cominciare dalla svolta di Salerno di Togliatti, avevano assunto atteggiamenti più accondiscendenti e contraddittori.
La Costituente si insedia il 26 giugno e Giuseppe Saragat ne diventa presidente. Enrico De Nicola è capo provvisorio dello Stato con 396 voti su 504 votanti. I risultati elettorali non sollecitavano la formazione di governi fondati sull’unità delle sinistre, che non avevano raggiunto la maggioranza assoluta. Anzi il successo netto e inequivocabile della Dc rafforzava la posizione centrale di tale partito nella politica e nel governo del Paese. Così la riproposizione di una candidatura di De Gasperi, che nel dicembre del 1945 era subentrati a Ferruccio Parri, alla guida del nuovo governo, dopo l’apertura della crisi avvenuta a luglio, appariva ovvia e indiscutibile. Dopo un tentativo di De Gasperi di comporre un ministero fondato sul rapporto di collaborazione tra Dc e Psiup, egli dovette prendere atto che i socialisti non erano disponibili a isolare i comunisti, tanto che la Direzione del Psiup giudicò “stravagante” un invito simile. La Direzione rilanciò invece la proposta di un governo a tre gambe, composto da Dc, Psiup e Pci e la Dc imbarcò il violino.
I comunisti e, sia pure con minore enfasi, i socialisti accettarono così di partecipare al secondo ministero De Gasperi, che passava dalla cosiddetta esarchia al cosiddetto tripartito e mezzo (Dc, Pci, Psi e Pri), con Nenni ministro degli Esteri, Morandi all’Industria e commercio, D’Aragona al Commercio con l’estero e Romita a Lavori pubblici. Anche ai comunisti vennero attribuiti quattro ministeri e due ai repubblicani. La partecipazione socialista al governo venne criticata da Foscolo Lombardi, da Basso e soprattutto dal gruppo di “Iniziativa socialista”, il gruppo di giovani che sarà la base della scelta della scissione di Palazzo Barberini e che ad ottobre chiederà ufficialmente il passaggio all’opposizione del partito. Anche il gruppo di “Critica sociale”, cioè i vecchi riformisti, che non voleva discostarsi troppo da quello di “Iniziativa”, sottopose a dura critica la capacità di contrarre un vantaggioso accordo di governo con la Dc e di far valere le ragioni programmatiche dei socialisti-
La risposta non poteva essere solo quella di “aprire le porte delle carceri e dei penitenziari a non pochi artefici della nostra rovina”. Cioè la strada dell’amnistia firmata da Togliatti e approvata dal governo con un decreto legge. Il clima di tensione post elettorale esistente tra socialisti, ormai lontano dallo spirito del testo del patto d’unità d’azione del 1943, elaborato in clima bellico e pre-resistenziale, ma soprattutto la ferma volontà del gruppo dirigente del partito uscito dal congresso di Firenze di far valere una maggiore autonomia politica, spinsero il Psiup a chiedere una nuova formulazione del patto d’unità d’azione con l’inserimento del riconoscimento “della funzione, complementare e integrativa d’interpreti degli interessi e delle aspirazioni delle classi lavoratrici” dei due partiti. Il patto verrà riformulato ad ottobre. E accettato anche da Saragat, che poi lo contesterà.
Togliatti sorprese tutti con il decreto legge sull’amnistia, eppure nella sua decisione, vi era un implicito riconoscimento di un pericolo da evitare e che riguardava anche i suoi compagni. Tifoso di Bartali, che aveva da poco vinto il Giro d’Italia davanti a Coppi, il suo nome rimarrà a lungo legato a quello del campione sulle due ruote, per la coincidenza d’un futuro trionfo sportivo e di una possibile tragedia politica.
Il percorso si fece in salita. Obiettivo della sinistra socialista di Nenni, Basso e Morandi era quella di ribaltare i rapporti di forza del congresso di Firenze. Ovviamente con l’appoggio politico e organizzativo del Pci. Togliatti sferrò un duro attacco al Psiup sul “Gazzettino di Venezia” dichiarando: “I rapporti tra comunisti e socialisti sono francamente cattivi e il patto d’unità d’azione di fatto non funziona per colpa dei riformisti che hanno la direzione del Partito socialista”. La polemica era tutta orientata verso la componente autonomista, sprezzantemente definita “riformista”. Tanto che lo stesso Togliatti volle manifestare il diritto di intervenire “nelle questioni interne al Partito socialista” e di combattere contro tale frazione “con tutti i mezzi polemici i quali ci sono accessibili e dei quali ci sappiamo servire”.
La polemica con Saragat si fece rovente. E’ dedicato a lui l’articolo “Tre colonne di piombo”, che rispondeva a un articolo di Saragat pubblicato da “Critica sociale”. “Vale la pena di rispondere?”, si chiedeva Togliatti. “Non è forse premio sufficiente alla fatica dell’on. Saragat il fatto che gli abbia valso la simbolica concessione della tessera ad honorem dell’Uomo qualunque?”. A Togliatti volle rispondere Sandro Pertini, direttore dell’Avanti, con un fondo intitolato “E il terzo gode”, che sintetizzava il suo contenuto.
Il tema delle irregolarità e delle ingerenze comuniste nel congresso socialista furono descritte nel memoriale che Matteo Matteotti lesse all’apertura del congresso che si svolse alla Città universitaria nel gennaio del 1947. Parliamo di Matteo Matteotti, figlio del grande martire. Recatosi da Saragat negli uffici dell’Assemblea costituente, egli si dichiarò ormai convinto che la scissione era inevitabile. Un tale giudizio venne subito condiviso da Saragat, il quale gli propose di scrivere una sorta di memoriale di denuncia per l’invalidazione del congresso, quasi a ricordare quello tragico del padre nei confronti delle elezioni del 1924. Matteotti si mise al lavoro e stese la relazione che avrebbe dovuto essere consegnata all’inizio del congresso. Matteo Matteotti lesse il memoriale per l’invalidazione del congresso documentando le irregolarità: a) l’assenteismo ai congressi di sezione e di federazione, l’irregolarità nel tesseramento e nelle votazioni b) le irregolarità e gli arbitri di procedura nei congressi di sezione e di federazione c) sistemi antidemocratici, interventi di forze esterne, coazioni fisiche e morali.
Si trattava di una denuncia analitica e molto grave. Difficile in quel contesto pensare a un regolamento di conti “democratico”. Difficile però anche ritenere che senza quelle irregolarità denunciate il risultato congressuale sarebbe stato sostanzialmente diverso. Secondo Matteotti “manca ormai nel seno del partito socialista quella atmosfera democratica che rende possibile un’aperta espressione della volontà dei militanti (…), è stato spezzato quel patto di solidarietà e di libertà che è presupposto di ogni consorzio civile”. Dunque ancora forze esterne, cioè iscritti al Pci che condizionavano, ancora con la doppia tessera o meno, il congresso socialista. Il fenomeno che Corbi e Onofri hanno descritto analiticamente e che risulta alla base della scissione, obiettivo dichiarato di Togliatti e del Pci.
Leave your response!