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Presidenti salvi, anzi Salvini

Habemus papam. Anzi “papas”. Fico e la Casellati presiederanno Camera e Senato. Una ai Cinque stelle e l’altro a Forza Italia. Pd non pervenuto. Berlusconi salvo a metà, dopo la bocciatura di Romani e lo spintaneo ritiro della Bernini. Cinque stelle soddisfatti. Ma il vero vincitore è Salvini. Ha rinunciato a candidature leghiste, ha ottenuto la candidatura a governatore in Friuli, ha dialogato con profitto con Di Maio, ha costretto Berlusconi a rinunciare alla candidatura di Romani al Senato, si è confermato leader di tutto il centro-destra. La prima partita l’ha vinta lui. Vedremo la seconda, quella più complicata e che riguarda il governo.

Non è scontato che l’accordo Di Maio-Salvini si trasferisca dal piano istituzionale a quello politico. Appare piuttosto forzata l’interpretazione dei giornali berlusconiani, quelli di oggi, domani si vedrà, secondo i quali Salvini avrebbe rotto la coalizione di cento-destra che oggi si è invece velocemente riunificata votando compatta. Se dovessimo interpretare il tutto seguendo la logica del cui prodest, diciamo che solo la rottura del centro-destra favorirebbe un nuovo rapporto politico tra Cinque stelle e Lega e che l’unità del centro-destra invece lo vanifica. Mai con Berlusconi, sembra il leit motiv grillino che se vale per le presidenze di Camera e Senato vale a maggior ragione per il governo. Berlusconi lo sa e per scongiurare il governo dei due giovanotti sta aggrappato al suo Matteo come un polipo alla sua preda.

Si passa alla fase due. Mattarella diventa adesso protagonista. Lui non è certo un presidente ciarliero come Cossiga, rancoroso come Scalfaro, diretto come Ciampi, interventista come Napolitano che, per non rinunciare al suo stile, ha scelto di bacchettare Renzi come un Maramaldo, senza che qualcuno gli gridasse: “Tu uccidi un uomo morto”. Mattarella si trincera dietro un’espressione sempre sofferta che ben si adatta ai tempi odierni. Sono convinto che ogni sua mossa sarà attentamente e dolorosamente calibrata. Convocherà, ascolterà, mediterà. Darà un incarico forse per primo a Salvini, di carattere esplorativo. Quasi impossibile un esito che non sia un “vorrei ma non posso”. Sarà poi la volta di Di Maio che non andrà oltre? Anche il governo del presidente, con un Pd che sembra Diogene al buio alla ricerca non di un uomo ma di una politica, non sembra un’ipotesi semplice da realizzare. Cosa resta? Quel che c’é stato oggi. Che Di Maio e Salvini riprendano a guardarsi negli occhi e quel bacio cancellato dai muri s’avveri. Tutt’altro che semplice. Sia per la logica pretesa dei Cinque stelle di esprimere il presidente del Consiglio (e perché mai chi tiene al guinzaglio Berlusconi dovrebbe finire al servizio di Di Maio?), sia perché il polipo Berlusconi non ha affatto voglia di mollare la preda. Anzi…