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La scorrettezza del Carlino e la mia posizione sui vitalizi

Sono rimasto francamente sconcertato del fatto che proprio il Carlino, col quale ho collaborato gratuitamente e penso proficuamente sulla cultura, i palazzi e le piazze della città, spari una mio foto in prima con un titolo, “Non toccate i vitalizi” (proprio virgolettato”) che non rispecchia la dichiarazione scritta, gentilmente richiestami e correttamente pubblicata dal bravo Daniele Petrone. Con l’aria che tira sarebbero necessarie maggiori correttezza e ponderazione. Non so a chi si debba una scelta così irresponsabile, da “sbatti il mostro in prima pagina”. Attendo le scuse pubbliche di un atto che mi pare obiettivamente lesivo della mia persona. Non doveva mancare un minimo di rispetto per un uomo che ben conoscete e che dalla politica non solo non ha mai lucrato, ma vi ha dedicato la vita, sacrificando la sua professione e la sua laurea, sposandola come l’arte più nobile che si possa esercitare in nome di un ideale e di un progetto di società. Non solo non ho mai detto di non toccare i vitalizi (istituto varato nel 1956 in un Parlamento dove sedevano personalità quali Sandro Pertini, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti, Nilde Iotti, Aldo Moro, Ugo La Malfa), ma ho ripetutamente precisato che i vitalizi sono stati più volte riformulati. Innanzitutto sono stati aboliti nel 2012 e sostituiti da una pensione interamente contributiva. Per chi già li percepiva sono stati bloccati a prescindere dal costo della vita da dieci anni e due anni fa sono stati tagliati del 10-20 e 30 per cento a seconda dell’ammontare. Ho solo precisato alcuni aspetti contraddittori della legge Richetti a cui pare i Cinque stelle vogliano oggi ispirarsi nella annunciata delibera dell’ufficio di presidenza della Camera. Comprendo che oggi é molto difficile farsi capire su un argomento che è divenuto artatamente centrale nella polemica politica, simbolo della lotta alla casta, come se quella politica, oggi fortemente indebolita rispetto a quella dei giornalisti, dei magistrati, dei finanzieri, degli informatici, debba essere ricettacolo di tutte le invidie e i rancori popolari di cui parla opportunamente l’Istat. Il problema non è mio. Lo preciso ad onta di equivoci. Non sono solito trattare problemi personali e metto sempre la faccia quando una cosa la penso. So che in certi casi è meglio tacere, come fanno i più. Io non ne sono capace. Ho sempre ritenuto che la massima virtù di un uomo, e in particolare di un uomo politico, sia quella di non adeguarsi ai luoghi comuni e di dire sempre il suo pensiero, anche quando é largamente impopolare. Durante il fascismo le parole “democratico, parlamento, partiti politici” erano divenute offese. Non vorrei che fossimo incamminati in quella direzione. Non credo sia una preoccupazione esagerata.