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Otello Montanari è Reggio Emilia

17 Aprile 2018 886 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Otello e Reggio sono stati la stessa cosa. Tutt’uno con la resistenza, il Pci, i morti del 7 luglio, il comitato antifascista e del primo tricolore, le mostre su Garibaldi e il Risorgimento, le manifestazioni del 7 gennaio, la fine del comunismo e la glasnost del dopo 89, il Chi sa parli.

Non mi viene in mente un solo grande evento di cui Otello non sia stato partecipe, anzi protagonista. Uomo d’intuito eccezionale, dotato di grande passione e amore per la storia e per la vita della sua città, egocentrico quanto basta, riuscì a stare alla Camera solo una legislatura (dal 1958 al 1963), poi fu sempre e solo reggiano a tutti gli effetti. Fu partigiano e gappista, poi convinto comunista (a mio avviso anche troppo dopo il 1956), fondò a Reggio il Comitato antifascista, poi dell’ordine democratico, contro il terrorismo nero e rosso, nel 1989 appoggiò la svolta di Occhetto, anzi si collocò sulle posizioni riformiste con Vincenzo Bertolini a Reggio e Giorgio Napolitano a Roma, convinto della alleanza coi socialisti di Craxi, col quale aveva ingaggiato nel 1986 una battaglia per il riconoscimento di Reggio come patria del tricolore.

Riuscì in quell’occasione a mobilitare l’intera città che si vestì di bianco, rosso e verde, e vinse. Poi il dopo l’89, con le rivelazioni, anzi le ammissioni dell’agosto del 1990, era la prima volta da parte di un comunista, delle responsabilità del gruppo dirigente del Pci nelle uccisioni dell’immediato dopoguerra. Pagò un prezzo altissimo. Io gli fui al fianco. Anzi le sue clamorose affermazioni venivano come risposta proprio a un mio comizio tenuto a Casalgrande sulla tomba di Farri. Otello fu processato e condannato dal suo partito, anzi dai duri e puri del suo partito.

Fu estromesso dal Cervi e dal gruppo dirigente dell’Anpi, ma riuscì ugualmente a portare a casa, dopo la revisione dei processi, le assoluzioni di Nicolini e Baraldi.I due ammetteranno che senza il suo Chi sa parli sarebbero stati ancora giudicati i mandanti dei delitti di don Pessina e del capitano Ferdinando Mirotti. Convinto della sua eresia non mollò mai di un millimetro. Divenne personaggio di dimensione nazionale. Il suo caso attraversò le tensioni del suo partito avviato a divenire Pds, Otello strinse amicizia col presidente Cossiga, il suo volto comparve perfino sulle Parole crociate a testimonianza del livello di notorietà assunto. Lo frequentai e lo conobbi molto bene vivendo per settimane in simbiosi con lui, sempre circondato e affettuosamente protetto dalla sua più giovane moglie. Quando commemorai Craxi a dieci anni dalla scomparsa c’era anche lui a testimoniare la sua piena condivisione delle parole del presidente Napolitano che ammetteva l’esistenza di un prezzo eccessivo pagato dal leader socialista, e volle intervenire per ricordare la partecipazione dell’ex segretario del Psi alla sua mostra sui cimeli garibaldini allestita nel ridotto del Municipale, nel febbraio del 1991, assieme al professor Guatteri.

Quando inaugurammo lo stadio Città del tricolore, nel 2012, volle essere presente e ci dedicò una sua poesia scritta per ricordare il vecchio Mirabello. Uomo a plurime dimensioni, come deve essere un individuo completo, sapeva assaporare il gusto vero della vita, fatta di ideali e di azioni conseguenti, di assaggi improvvisi dettati dalla curiosità e di necessari approfondimenti, di culto della memoria e di assunzioni di responsabilità verso il futuro. Sapeva tener duro sempre, a costo di sbattere la testa contro il muro per poi abbattere il muro. Mi mancherà, ci mancherà. Con Otello se ne va anche un pezzo della mia vita.

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