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Scherzavano

Dalla propaganda elettorale al governo il passo è molto lungo. Se però è troppo lungo e la direzione di marcia si fa diversa la delusione emergerà inevitabilmente. Il governo dei vice, che ha appena ottenuto la fiducia nelle due Camere, sta facendo i primi conti. Il primo ostacolo sarà quello di individuare le risorse per evitare, già con la prossima legge di stabilità, di aumentare l’Iva, prevista come clausola di salvaguardia, con il primo scatto nel 2019. Si parla di 15, 20 miliardi. L’idea di qualcuno, nel variopinto governo legastellato, sarebbe quella di lasciarla aumentare con evidenti rischi sui consumi. Per altri, perché nel nuovo governo il pluralismo non manca (pensiamo all’idea di applicare la flat tax solo alle imprese, subito smentita), invece si potrebbe iniziare a reperire risorse, a questo e ad altri fini, con la cosiddetta pace fiscale.

Si tratta di un vero e proprio condono, visto che si parla di rottamare le cartelle che evidenziano contenziosi con Equitalia e della possibilità di introitare in due anni dai 40 ai 60 miliardi. Che il governo pentaleghista inizi proprio dal sempre contestato condono, mai annunciato in campagna elettorale né previsto nel contratto di governo, la dice lunga sulla nuova propensione del governo. Non solo. Tra le entrate previste emerge il taglio delle pensioni superiori ai 5mila euro (netti, lordi, chi lo sa?). Facendo due conti, e se si parla di netto, tale folta schiera di italiani privilegiati ammonterebbe, dati Istat, alla vertiginosa cifra di 10.000. L’introito, se si applicasse una detrazione, che seguendo le indicazioni della Corte costituzionale dovrebbe peraltro necessariamente essere transitoria, sarebbe di circa 180 milioni di euro, su una spesa prevista dal contratto di oltre 100 miliardi.

Per ora, mettiamoci anche il taglio dei vitalizi, che porterebbe anche meno risorse della sforbiciata alle pensioni superiori ai 5mila euro netti al mese, nessuna risorsa che potrebbe derivare avrebbe natura di provvedimento non transitorio, nemmeno il condono o pace fiscale. Le uscite previste invece (reddito di cittadinanza, flat tax, riforma della Fornero) hanno carattere definitivo. A queste vanno aggiunte le due tranche del 2019 e 2020 per evitare l’aumento dell’Iva, parliamo di 35-40 miliardi. Naturale che il nuovo governo usi adesso un linguaggio di inusitata moderazione.

Ma batteremo i pugni sul tavolo a Strasburgo, dicono i nostri eroi. E questi pugili si illudono che in Europa, dove sono così ben visti, riusciranno ad ottenere più flessibilità (circa 47 miliardi per investimenti) di quella ottenuta dai governi precedenti, per di più per aumentare la spesa corrente. Vaniloqui, sproloqui. Andranno peraltro chi? Chi saranno i combattenti da ko? Savona, che dice una cosa, col suo piano B sempre attivo, Tria, che si é mostrato europeista convinto, Conte, lui che ci sia ciascun lo dice, ma cosa sia nessun lo sa? Vedremo. Che il governo annunci sul reddito di cittadinanza solo un iniziale provvedimento per sostenere i centri per l’impiego, sulla Fornero una manovra per arrivare a 64 anni con somma tra età e contributi pari a 100, ma con detrazioni non previste dall’Ape che peraltro fissa l’uscita a 63 anni, che sulla Flat tax si annuncino provvedimenti articolati e differenziati, tutto questo è indubbiamente un passo avanti verso la realtà, ma un clamoroso passo indietro rispetto alle promesse. E siamo solo all’inizio.