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Casaleggio e la democrazia

Non mi stupisco della dichiarazione di Casaleggio secondo il quale il Parlamento finirà per essere soppiantato dal web e la democrazia rappresentativa dalla democrazia diretta. Non è la prima volta che i leader dei Cinque stelle irridono al sistema parlamentare. Basti ricordare le urla di Grillo contro i deputati nella campagna elettorale del 2013 quando li definì “persone malate da trattare coi guanti”, che fanno il paio con la sua più recente uscita sui senatori che dovrebbero essere estratti a sorte. E in mezzo l’alza bandiera festosa per aver dimezzato i vitalizi a coloro che li avevano “rubati” e la stessa metodologia usata per espellere i traditori contando sulla superiorità morale e indiscutibile della base del movimento consultata via Internet come giudice impietoso, capace di condannare col dito rivolto all’ingiù e mai di assolvere. Anche durante il terrore esisteva una sorta di giudizio affidato direttamente a tavoli giacobini con tricoteuses urlacchianti. Una democrazia diretta della giustizia.

Non si tratta del primo caso di partito antiparlamentare (i suoi rappresentanti contano meno di zero e la proposta di abolire la mancanza di vincolo di mandato prevista dalla Costituzione parte da loro) e non è neppure la prima volta che si oppone alla crisi del Parlamento un altro modello di supposta democrazia. L’on. Edmondo Rossoni, il padre del sindacalismo fascista, confessò nel 1925: “Non vedo l’ora che si chiuda il Parlamento”. Accadde di lì a poco e lo si sostituì con la Camera dei fasci e delle corporazioni, frutto di una rete rigidamente controllata da un partito solo (il Senato era a titolo onorifico e, almeno formalmente, di nomina regia). Una sorta di democrazia diretta delle associazioni economiche e sociali. Ancor prima in Russia si era formato in luogo della Dieta la democrazia dei soviet, col partito comunista anch’esso unico e despota assoluto. In quanti ci sono cascati a credere alla democrazia diretta del proletariato? L’idea della democrazia diretta ispirò anche la rivoluzione cinese, che capovolse i rapporti tra conoscenza e apprendimento, che produsse violente repressioni, milioni di morti.

Ogni volta che nella storia si è sperimentato un modello alternativo di dichiarata democrazia diretta si è sconfinato nella dittatura e nella violenza. Il motivo è semplice. Non può esistere, e lo stesso Rousseau finiva per supporlo, una sovranità popolare senza guida. Come non esiste movimento senza motore immoto, direbbe Aristotele. Non a caso il modello di democrazia dei Cinque stelle presuppone l’esistenza del capo carismatico, del teorico supremo, della guida con le chiavi in mano della democrazia. Chi amministra la piattaforma Rousseau? Oggi le nuove tecnologie hanno indubbiamente aperto nuove strade al rapporto tra cittadini e rappresentanti. Sono praticabili, fino a poco fa non lo erano, sondaggi, referendum, consultazioni velocissime e si potrebbero risparmiare milioni di euro con elezioni, una volta (ma non siamo a questo punto) che tutti fossero in grado di possedere il materiale e la conoscenza occorrenti, da tenere sul web. Quel che a me pare deleterio e financo pericoloso è ritenere che questa forma di democrazia diretta possa soppiantare quella rappresentativa.

È deleterio perché la funzione della delega non può essere interpretata come disinteresse, ma come affidamento in base alle capacità di affrontare e risolvere i problemi, mentre la sola idea che tutti possano decidere in ogni momento su tutto mi pare foriera di gravi conseguenze per qualsiasi comunità. Le nuove tecnologie rischiano di cancellare la conoscenza, la professionalità, la competenza. Saremmo tutti uguali, persone sapienti e ignoranti, e tutto si risolve con un “mi piace” o “non mi piace” come su Facebook. Una sorta di plebiscito di stampo fascista. In fondo è proprio per questo che diventa pericolosa, perché il popolo non scegliendo i suoi rappresentanti finisce per essere lui stesso soggetto decidente, ma senza averne i requisiti e finendo inesorabilmente per seguire una guida, un capo, un mandante. Non si avranno più dibattiti, fatti di sfumature, di obiezioni di merito, di possibili convergenze, morirà dunque la politica come noi l’abbiamo conosciuta, e nascerà l’autocrazia, che nominalmente é il contrario della democrazia diretta, ma che ieri come oggi ne rappresenta la sua inevitabile conseguenza.