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Salvonaro?

Questo nuovo presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ex militare, é davvero inquietante. La corruzione che ha investito il Paese e colpito anche il partito dei lavoratori e il suo leader Lula, sommata alla violenza dilagante con 62mila morti ammazzati l’anno, hanno spinto l’elettorato verso posizioni di estrema destra. Non basta però avere vinto democratiche elezioni col 55 per cento. Essere eletti democraticamente non garantisce la sopravvivenza della democrazia. Anche Hitler in Germania fu eletto democraticamente e il suo mandato a formare il governo era la conseguenza del voto del 1933 col quale conseguì la maggioranza relativa de voti. Anche Mussolini vinse le elezioni del 1924, svoltesi in quel clima di irregolarità e di violenze descritte da Giacomo Matteotti alla Camera, ma che convinsero oltre il 60 per cento degli italiani ad accordagli fiducia. Bolsonaro ha vinto le elezioni, ma i suoi intenti tutto appaiono tranne che ispirati a metodi e finalità democratiche.

Leggiamo insieme alcune sue dichiarazioni più e meno recenti. Sulla sua violenta omofobia eccovi serviti: “Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò un ipocrita: preferirei che mio figlio morisse in un incidente piuttosto che presentarsi con un tipo con i baffi” (giugno 2011). Sulla democrazia: “Sono a favore di una dittatura. Non risolveremo mai i problemi della nazione con questa democrazia irresponsabile”(1992) e vi aggiungeva che il difetto della dittatura brasiliana era stato di torturare e non di uccidere i suoi oppositori, anche se egli stesso si professava a favore della tortura (maggio 1999). Sul suo razzismo: “Non corro il rischio di vedere i miei figli uscire con donne nere. Sono molto ben educati” (marzo 2011). E poi: “Sono andato a visitare un quilombo (un insediamento fondato dai discendenti di schiavi fuggiaschi). Il più leggero lì in mezzo pesava 100 chili. Non fanno nulla. Non penso che siano nemmeno buoni per procreare” (aprile 2017).

C’é solo da sperare, in questo caso, che le promesse elettorali non vengano mantenute altrimenti in Brasile la lotta politica é destinata a divenire lotta democratica. Il programma di Bolsonaro, che ha eletto tre figli in Parlamento, é volto, oltre che a negare tutte le conquiste del paese dopo gli anni della dittatura per ciò che concerne i diritti civili, a privatizzare aziende e servizi pubblici e ad armare i cittadini. Quel che preoccupa in Italia è che a costui guardi con simpatia il leader della Lega e vice presidente del Consiglio Matteo Salvini. Mentre il leader del Partito dei lavoratori Haddad, forte del suo 45% dei voti, chiede il rispetto della minoranza, dopo che Bolsonaro aveva promesso ai suoi avversari “la prigione o l’esilio”, Salvini ha inviato questo messaggio di felicitazioni: “Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al presidente Bolsonaro, l’amicizia tra i nostri popoli e i nostri governi sarà ancora più forte”. C’è da restare allibiti.

D’altronde l’amicizia tra i due già si era manifestata in affondi precedenti. Bolsonaro, già prima della vittoria, aveva ottenuto un endorsement da parte di Salvini a cui non si era associato il presidente Conte e l’allora candidato aveva risposto d’essere fiero di aver trovato nel vice presidente italiano un amico e un estimatore. Tutto questo per farsi riconsegnare l’ex terrorista Cesare Battisti? O per una reale affinità di vedute tra i due? Non mi pare di avere mai letto, da parte di Salvini, frasi del genere di quelle pronunciate dal nuovo presidente brasiliano. Se poi Salvini le pensa pur non avendole mai esternate, preferirei chiarisse la sua posizione. E che qualcuno gli domandasse cosa pensa dei gay, dei neri, delle dittature, della tortura e della democrazia. Le risposte di Salvini alle parole di Bolsonaro dovrebbero poi essere pubblicate su tutti i giornali italiani e inviate anche al presidente brasiliano. Sulla libertà non si scherza. E non si può essere ambigui. Un Battisti non può valere la negazione di un principio assoluto. Se si è amici di Bolsonaro si è contro la Costituzione italiana. Punto e a capo.