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Emergenza verità (seconda puntata: l’immigrazione)

Se c’è una materia in cui numeri e impressioni fanno a pugni é proprio quella della immigrazione. E si tratta del tema che più di ogni altro sta orientando l’opinione dei popoli europei, ma anche di quello statunitense, verso posizioni di destra. Cerco dunque di dividere in due questo argomento, che nelle sensazioni generali é invece avvertito come unico: da un lato il fenomeno della immigrazione, dall’altro la sua gestione. Questa distinzione vale soprattutto per l’Italia dove numeri accettabili sono poi spesso confusi e moltiplicati a causa di una cattiva gestione del fenomeno.

Partiamo dunque dai numeri (vedi Infodata, Il Sole 24ore, 8 marzo 2018). In Italia la percentuale di immigrati regolari assomma all’8,3 per cento della popolazione. Ci sopravanzano l’Austria con il 14,3, l’Irlanda con il 12,4, il Belgio con l’11,7, la Germania con il 10,5, la Spagna con il 9,5 e anche il Regno unito con l’8,6. Questi sono dati rilevati dall’Istat e riferiti al 2017. Dell’8,3 italiano solo il 5,8 appartiene a popolazioni extra europee, mentre il 2,5 si riferisce a migranti di origine europea. Per ciò che riguarda la popolazione extracomunitaria la provenienza di migranti di origine rumena é al primo posto (il 22,1), segue quella di provenienza albanese (il 9,8), poi il Marocco (il 9), indi la Cina (il 5,3), poi l’Ucraina (il 4,5), le Filippine (il 3,4), l’India (il 2,9). Quindi non è vero che i paesi islamici siano ai primi posti. Vi è un aumento della popolazione africana, ma siamo sempre a percentuali ridotte.

In Italia gli sbarchi (vedi Ministero dell’Interno, pagina Internet, ottobre 2018) dal 2014 al 2017 sono stati 628mila, un numero consistente e secondo solo alla Grecia (circa un milione). L’applicazione del trattato di Dublino e nel contempo il blocco, dopo l’accordo con la Turchia, del percorso a est, ha visto confluire sull’Italia un numero alto di profughi e di migranti economici. Ma dal gennaio al giugno del 2018, grazie agli accordi con la Libia del ministro Minniti, gli sbarchi sono nettamente dominuiti, di oltre l’80 per cento, e risultano in questi sei mesi di sole 13mila unità. Quando esplode la vicenda Aquarius gli sbarchi erano gia al minimo degli ultimi quattro anni. Dunque la diminuzione dai 628 mila dei quattro anni precedenti (160 mila all’anno) ai soli 13mila in sei mesi (proiezione 26mila in un anno), si é ottenuta grazie al governo Gentiloni e non a quello Conte-Salvini.

Gli irregolari in Italia sono stimati nell’ordine dei 500mila (Vedi Luigi Mannini, Immigrati irregolari e residenti in Italia nel 2018, in statisticheitalia.it su Internet). Non inganni il numero degli sbarchi, perché una larga parte di coloro che arrivano in Italia si trasferiscono poi in altri paesi europei. A costoro, secondo le norme di Dublino, deve provvedere il paese di prima accoglienza e poiché la maggior parte di loro, arrivano via mare in Italia, dopo la chiusura del percorso a est e la scarsa frequentazione di quello di Gibilterra, si è richiesto all’Italia un carico di oneri senza sostegni e quote europee. L’Europa si é spesso voltata dall’altra parte. Soprattutto i paesi coi quali il ministro degli Interni Salvini ha stretto legami politici e di amicizia. Alla mozione del Parlamento europeo che postulava la necessita di cambiare il criterio della prima accoglienza con quello delle quote non hanno aderito né Cinque stelle né la Lega, mentre i più strenui oppositori della riforma delle norme di Dublino e dell’introduzione delle quote restano Ungheria, Slovacchia, Repubblica ceca e Polonia, quelli dell’Alleanza di Visegrad, i soli paesi, assieme alla Danimarca, a non avere ospitato un solo migrante proveniente dall’Italia.

I cosiddetti profughi, che in Italia vengono divisi in rifugiati (per discriminazioni di razza, religione, idee politiche), in soggetti in protezione sussidiaria (perché il loro rimpatrio comporterebbe rischi alla loro incolumità) e soggetti a protezione umanitaria, categoria eliminata dalla legge Salvini, sono solo il 2,4 per mille e l’Italia si trova al sedicesimo posto in Europa (vedi Vladimiro Folchi, Immigrazione, i numeri contro le fak news…, in La Repubblica, 25 ottobre 2018). La Svezia é al primo posto col 23,4, seguita da Malta col 18,3, poi la Norvegia con l’11,4, l’Austria con il 10,7. Anche Germania e Francia ci superano. Per richieste d’asilo al primo posto c’é la Germania con il 9,1, poi l’Austria col 4,9. L’Italia é solo decima col 2 per cento.

Dunque in Italia non c’é alcuna invasione. Il numero dei migranti regolari é il settimo dei paesi europei, l’8,3, gli sbarchi sono nettamente diminuiti di oltre l’80 per cento già nei primi sei mesi del 2018, i profughi rappresentano una percentuale minima che colloca l’Itala al sedicesimo posto rispetto agli altri paesi europei e le richieste d’asilo solo al decimo. Gli irregolari, ai quali é scaduto il permesso di soggiorno o ai quali é stata respinta la richiesta d’asilo, assommano a circa 500mila e su questo occorre aprire il grave tema della loro gestione. E ovviamente del rapporto con l’Europa oltre alle difficoltà del loro rimpatrio. Ma cominciamo dall’inizio.

I cittadini stranieri entrati in modo irregolare in Italia sono accolti (vedi Fabio Colombo, I centri d’accoglienza spiegati per bene, in Lenius, su Internet) in centri per l’immigrazione dove ricevono assistenza, vengono identificati e trattenuti in vista dell’espulsione oppure, nel caso di richiedenti protezione internazionale, per le procedure di accertamento dei relativi requisiti. Queste strutture si dividono in: centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), centri di accoglienza (Cda), centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e centri di identificazione ed espulsione (Cie). Ma fino a quando non si procede a operazioni di rimpatrio tutto quello che dovrebbe essere transitorio rischia di diventare definitivo. I paesi di origine si rifiutano di riaccogliere i migranti e l’unico modo per convincerli sono quei patti di sostegno economico messi in campo dal minsitro Minniti e ai quali ancora non si é dedicato l’attuale governo. Cosi in molte strutture si sono creati fenomeni di surplus, mancanza di servizi adeguati, una permanenza complicata e spesso incivile come hanno eloquentemente dimostrato servizi televisivi e giornalistici. I richiedenti asilo vengono ospitati nei cosiddetti Cara, e nei più gradevoli Sprar, di dimensione più ridotta, spesso in condizioni migliori di quanto non accada negli altri centri, che dovrebbero essere riservati a coloro che hanno già ottenuto un riconoscimento di protezione internazionale e che possono iniziare un processo di integrazione.

Dalle Ong sospette alle coop che lucrano, ai migranti trattati come bestie nei campi del sud, alla loro concentrazione in condomini nelle periferie, agli ospiti negli hotel senza lavorare sono tanti gli errori, le lacune, gli illeciti commessi in Italia sulla gestione dei migranti. E questi errori sono stati spesso la causa della sopravvalutazione e della drammatizzazione di un fenomeno che per la sua consistenza sarebbe assolutamente nella norma. Ci hanno messo del loro anche alcuni sindaci che non hanno saputo gestire i pochi migranti che erano tenuti ad ospitare o che hanno rifiutato di ospitarli in nome di uno stupido principio di rifiuto pregiudiziale, mentre ad altri, il caso di Riace é eloquente, vengono oggi negati gli ottimi risultati conseguiti con interventi della magistratura e del governo.

Consiglierei di evitare assurde e pericolose generalizzazioni. Non tutte le Ong sono complici del traffico di esseri umani, non tutte le cooperative lucrano illegittimamente sui migranti. Occorre distinguere, selezionare. Non basta diminuire da 35 a 25 euro il costo a migrante per lo stato per essere sicuri che lo sfruttamento indebito abbia fine. Anzi, può essere che diminuisca ancora il servizio, già discutibile e spesso indecente, che viene assicurato. Se poi le imbarcazioni delle Ong vengono eliminate dal servizio volontario di salvataggio in mare, ancora più complicato sarà sotrarre naufraghi a morte sicura. E’ indispensabile invece pretendere che tutti i campi di respingimento in Libia passino sotto la gestione dell’Onu, giacchè troppi sono stati i casi di inaccettabile violenza che sono stati segnalati e che non possono essere tollerati da un paese come l’Italia. Noi dobbiamo poi pretendere che vengano perseguiti tutti i reati commessi in Italia contro i migranti sfruttati col caporalato nei campi del Sud, che i migranti vengano suddivisi sempre in modo proporzionato e non concentrati nelle periferie urbane (bisogna evitare le banlieues francese e belghe). Anche perché l’integrazione é molto più semplice attraverso la convivenza tra piccoli gruppi di migranti e popolazione italiana. Occorre che coloro che sono ospiti, sia pure transitori, nelle nostre stutture, ricambino col lavoro la nostra ospitalità. Questo anche per evitare la sensazione dell’esistenza di privilegi rispetto alla popolazione residente. Per quanto riguarda la popolazione islamica é necessario pretendere il pieno rispetto delle leggi e dei principi di uno stato liberale che si fondano sulla parità tra uomo e donna, sul rispetto di tutte le religioni, sulla libertà dei figli di scegliere il proprio coniuge, sul divieto di qualsiasi violenza nell’ambito familiare e ovviamente sulla preventiva repressione di qualsiasi atto di terrorismo e della loro propaganda. In quest’ultimo settore vanno appoggiate tutte le iniziative volte a smascherare ogni cellula terroristica che spesso si annida dietro predicatori d’odio. Va anche riformata la normativa che conduce alla cittadinanza italiana. Se uno ius soli temperato, come quello contenuto nel Ddl ancora non approvato, é condivisibile, sarebbe oltremodo opportuno che per conseguire la cittadinanza si pretendesse davvero la conoscenza della lingua italiana e un modo di vivere non difforme dal nostro. L’integrazione non può essere un compromesso tra civiltà liberale e civiltà integralista. La prima porta allo stato laico, la seconda alla teocrazia. In Italia si deve intendere per integrazione, nel pieno rispetto per tutte le religioni, l’accettazione piena dello stato laico. Questo anche per garantire che i fenomeno della immigrazione unito al basso tasso di natalita di molti paesi europei, compreso il nostro, non ci conduca, senza consapevolezza, alla costruzione di un futuro per i nostri figli e nipoti che rinneghi tante lotte vinte per affermare i principi di libertà, di democrazia e di tolleranza.