La marcia dei 30mila
Come quella volta nel lontano 1980, durante un’occupazione politica della Fiat, scese in piazza una massa di cittadini e lavoratori stanchi di slogan e di lotte inefficaci e controproducenti, cosi oggi decine di migliaia di persone di buonsenso sono sfilate a Torino senza bandiere e simboli di partito contro un folle ideologismo antimoderno che blocca le opere pubbliche. Parliamo dell’assurda posizione dei Cinque stelle sulla Tav Torino-Lione, in costruzione da anni mentre la Francia che ha ormai quasi completato la tratta fino al confine. Nessuna persona di media intelligenza può battersi contro una ferrovia per la quale l’Europa ha stanziato risorse ingenti. Il suo percorso parte dagli anni novanta, le primw decisioni risalgno al 2001 le discussioni sono state infinite. Viene quasi la noia a ripeterle.
La progettazione della Torino-Lione passa attraverso una decina di fasi progettuali, otto delibere del Cipe, conta cinque valutazioni di impatto ambientale e ha alle spalle sette tra trattati e accordi internazionali, l’ultimo dei quali ratificato dai due Parlamenti. L’opera vale 8,6 miliardi, equamente suddivisi tra Italia e Francia, ed è finanziata per il 40% dall’Europa. Oggi la Torino-Lione è un progetto esecutivo, con le gare formalmente “sospese” in attesa delle decisioni del governo, mentre é di una settimana fa la delibera votata a maggioranza dal Consiglio comunale di Torino, con la sindaca Appendino in testa, probabilmente costretta a irrigidirsi sulla Tav dopo il voltafaccia di Di Maio e compagnia sulla Tap, della quale si é pure occupato il presidente Trump.
In piazza c’erano anche i leghisti che sulla Tav hanno opinioni opposte ai grillini. Per la verità non é la prima volta che questa dissociazione si verifica. Gia al tempo del governo dell’Unione, 2006-2008, non c’era una comune posizione. Il voluminoso programma elaborato nella fabbrica prodiana non parlava dell’opera in presenza di una contrarietà manifestata dai Verdi e dai comunisti sull’argomento. Presentai personalmente un question time chiedendo quale fosse la posizione del governo e mi rispose un imbarazzatissimo D’Alema. Quel che accade oggi é assai più scellerato. Son passati oltre dieci anni da allora e bloccare oggi l’opera produrrebbe danni molto più gravi. Anzi, il no Tav costerebbe ben di più del completamento della ferrovia tra penali da pagare e costi di distruzione dei cantieri e del costruito. Ci allontanerebbe definitivamente dall’Europa che ci farebbe giustamente marameo, incassando i soldi della penale e traslocando il tratto della ferrovia Lisbona-Kiev (si tratta del corriodio europeo che ci coi bilge assieme a quello Amsterdam-Genova con valico appenninico anche questo sub judice) in Svizzera e in Austria per la contentezza dei due governi che l’avevano reclamata. Alla fine questi disgraziati che hanno promesso cose irrazionali e sono ispirati da un ideologismo di stampo luddista dovranno per forza cambiare idea. Dopo l’Ilva e la Tap ingoieranno anche la Tav. Perderanno i voti, ma salveranno l’Italia. O no?
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