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Lotta continua al governo

Non era solo il nome di un movimento di estrema sinistra degli anni settanta che ha partorito molte risorse intellettuali per l’attuale mondo dell’informazione. “Lotta continua” può essere anche la definizione più puntuale della situazione in cui si trova il nostro governo. Ormai non c’è provvedimento, non c’è dichiarazione, non c’é proposta che non incontri immediata smentita o che non susciti un sollecito e clamoroso controcanto. Non saprei neppure da dove cominciare. Meno male che c’é il mitico contratto che sostanzialmente non dice nulla sui grandi temi oggi sul tappeto. Sulla Tav si parla di “ridiscussione” dell’opera. Che vuol dire? Vuol dire che per i 5Stelle la nuova ferrovia non deve essere fatta e per la Lega che occorre solo parzialmente modificarla.

Quota cento, cara alla Lega, é il provvedimento che fa da contrappeso al reddito di cittadinanza, caro ai Cinque stelle. Un governo senza uno dei due partners non avrebbe approvato entrambe le leggi. Il decreto dignità é stato subito osteggiato dalla Lega e poi barattato con quello sicurezza, malvisto dai grillini, poi il tema delle impronte digitali nella pubblica amministrazione che ha messo in guardia Di Maio e compagnia, come quello del ritorno alle case chiuse prospettato dai leghisti e soprattutto l’adesione al convegno di Verona, sconfessato da Di Maio e al quale ha aderito Salvini con la Meloni. Infine la castrazione chimica, sia pur su base volontaria e non definitiva, che ha fatto infuriare i nipotini di Beppe.

Quello che oggi induce a guardarsi in cagnesco i due partners di governo é l’andamento elettorale, così opposto, di entrambi, con la Lega che non solo raddoppia la sua percentuale, ma nelle regioni si allea con quel che resta del centro-destra, per battere, e in realtà anche per umiliare, l’alleato grillino. Si dirà che questo valeva anche durante gli anni del rapporto di governo tra Dc e Psi, alleati a Roma e spesso avversari in periferia. Ma allora era in vita un sistema proporzionale puro alle amministrative e alle regionali e le alleanze si componevano solo dopo il voto. E poi l’asse Dc-Psi reggeva, non ovunque, ma in diverse realtà periferiche. Oggi Lega e Cinque stelle sono avversari alle regionali e anche alle comunali e alleati, ma conflittuali, a Roma. Quanto potrà reggere questa situazione?

Il conflitto pare l’unica arma che resta a Di Maio per tentare di evitare il tracollo alle europee assieme ai possibili, ma forse modesti, frutti del reddito di cittadinanza di un’Italia, solo paese europeo in recessione e con sviluppo previsto vicino allo zero nell’anno in corso. Ma l’alternativa é davvero la vecchia alleanza di centro-destra, che Salvini continua a escludere? Ho sentito a tal riguardo parole rivelatrici in tivù di Giorgia Meloni, che punta a far diventare Fratelli d’Italia l’altro polo dell’alleanza con la Lega, escludendo Forza Italia e magari includendo Toti e i suoi. Un nuovo centro-destra senza centro dunque. Una prospettiva assai vantaggiosa per Salvini che ne diverrebbe dominus assoluto. Ovviamente questo passaggio avrebbe bisogno di due presupposti: la scissione di Forza Italia e nuove elezioni politiche. Berlusconi l’ha capito? Vada magari al Nazareno un’altra volta e non solo a farsi benedire…