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Tra Draghi e Trump

Inutile nascondere che l’Italia sta cambiando collocazione e alleati. Finora, ma in realtá già almeno dal primo centro-sinistra Moro-Nenni, l’Italia é stata coi piedi e la testa in Occidente, ma innanzitutto alleata coi paesi occidentali europei e solo dopo anche degli Stati uniti. C’era il bipolarismo Usa-Urss e l’Europa pareva a molti il terzo polo, che affondava le sue radici nelle grandi lotte per la democrazia, ma anche per il disgelo e il dialogo con l’Est. Dell’Europa si esaltava la peculiarità. Basti pensare all’Ostpolitik del cancelliere Brandt. Prima veniva la solidarietà europea, poi l’Alleanza atlantica. Anche per noi, soprattutto per noi italiani, che siamo tra i paesi fondatori della Cee (Comunità Economica Europea) assieme ad altri cinque paesi (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) e dell’Unione europea, assieme ad altri undici (i 6 di cui sopra più: Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Grecia, Portogallo e Spagna).

Nei passaggi cruciali, pensiamo all’installazione degli euromissili, l’Italia concertò la sua posizione con la Germania. Difficile ipotizzare che cruise e pershing sarebbero stati installati a Comiso senza eguale disponibilità dell’Spd allora al governo a Bonn. Difficile pensare, nel 1989, all’unificazione tedesca senza un coinvolgimento degli altri paesi europei, i più storicamente scettici (assai più degli Usa) verso il supposto rischio di una Germania forte. L’Italia in particolare ha più volte rimarcato, in politica estera, pensiamo ai governi Andreotti e Craxi soprattutto, un suo ruolo specifico, a volte anche in conflitto con gli interessi politici ed economici americani. Penso al rapporto con i paesi arabi, in particolare dopo la fine della guerra fredda.

L’Italia, anche per la sua collocazione geografica, posta com’era al confine tra Ovest prevalentemente democratico ed Est comunista, e in faccia ai paesi arabi e al conflitto israelo-palestinese, é stata teatro di incursioni, violenze, attentati e si é protetta come poteva andando alla ricerca di qualche non sempre legittimo accordo per evitare di divenire campo di battaglia ancor più sanguinoso. Anche nella nuova epoca, aperta dal crollo del Muro, nessun governo italiano, di centro-destra e di centro-sinistra, ha mai messo in discussione questa triplice politica che potremmo riassumere in passaggi successivi e consequenziali: europeista, poi filo atlantica e relativamente autonoma.

Salvini e la Lega (i Cinque stelle sono ormai alla frutta grazie alla loro dabbenaggine) stanno espungendo dalla triade prima richiamata l’europeismo e l’autonomismo, a tal punto che il filo atlantismo preso a sé diviene pura e semplice subalternità agli Usa. Il recente viaggio di Salvini, con tanto di smasmodica ricerca di un self con il presidente americano, é la dimostrazione della più codina subordinazione e a tal riguardo il viaggio in Usa di De Gsperi nel 1947 pare quello di un interlocutore sdegnoso. Sappiamo bene cosa ne pensi Trump della recente decisione di Draghi di abbassare i tassi di interesse e di assicurare la continuazione del Quantitative easing.

Questa posizione potrà anche essere favorevole agli interessi americani (un euro più debole favorisce le esportazione delle merci europee e non l’importazione di quelle amaricane), ma Salvini da che parte sta? Dica apertamente se il suo ruolo vuol divenire quello dell’agente di Trump in Europa, per scassare i vincoli che la tengono ancora unita e per frenare decisioni, come quelle della Bce, che esaltano il sovranismo europeo e in esso anche gli interessi italiani, oppure se vuol davvero giocare un ruolo per tutelare gli interessi dell’Italia in Europa. Si decida se stare con Draghi e coi paesi europei o con Trump e la sua America (non Europa) first. Sposare una terza via o sposarle entrambe ci porterà nel baratro.