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Craxi vent’anni dopo (la relazione di Del Bue al convegno del 15 gennaio 2020)

17 Gennaio 2020 697 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dieci anni dopo la mia commemorazione che si tenne in quest’aula, gremita di partecipanti, è tutto un gran parlare di Craxi.

Un film, poco politico, ma fresco e commovente, è stato molto utile per rilanciare una discussione. In mezzo tante rivalutazioni condite qua e là con accenti autocritici, da De Gregori a Staino, tanti riconoscimenti a cominciare da quello dell’ex direttore dell’Unità Peppino Caldarola, il quale, ricordando che la fine di Craxi é ancora una ferita aperta soprattutto tra socialisti ed ex comunisti, scrive: “Io credo che sia giunto il tempo che un gruppo di ex comunisti, ovvero di ex Pci, partecipi in questa veste al ricordo di Craxi ad Hammamet. Qualcuno potrebbe andarci da solo oppure coinvolto nelle diverse delegazioni che le diverse famiglie socialiste stanno organizzando. Ma il fatto politico, l’evento che potrebbe avviare la definitiva riconciliazione fra ex Pci e ex Psi (che in parte è già avvenuta nella comune militanza a sinistra di questi anni), sarebbe se la partecipazione alla commemorazione vedesse in prima fila (è un modo di dire, si può stare anche in fondo) un gruppo di ex Pci.” Commento. Magari. Speranza delusa, perché contrariamente a Forza Italia, e perfino alla Lega e a Fratelli d’Italia, contrariamente a Italia viva non ci saranno delegazioni del Pd ad Hammamet.

Ma continuiamo. Marcello Sorgi, già direttore de La stampa, nel suo recente libro “Craxi presunto colpevole”, documenti alla mano, ritiene addirittura possibile che Di Pietro sia stato manovrato e sorretto dalla Cia. A tale proposito cita atti ufficiali, dichiarazioni, incontri per lo meno sospetti. Perfino il parlamentare grillino Dessì ha dichiarato a un giornale che Craxi é stato l’ultimo leader politico che l’Italia abbia conosciuto, evidentemente accorgendosi con qualche ritardo di quanta differenza ci sia tra lui e Di Maio. Continuo con le citazioni. Giorgio Gori, sindaco Pd di Bergamo scrive: “Deve finire una lunga demonizzazione. Su tanti temi politici Craxi aveva ragione e Berlinguer aveva torto. Anche il Pd gli é debitore”.

Un profluvio di ammissioni, concessioni, revisioni, rivalutazioni si sono alzate quasi all’unisono e potrei continuare. Ma la novità, la più bella per noi é che dopo poco più di vent’anni dal crollo del muro di Berlino sia definitivamente crollato anche il muro di Di Pietro. Anzi si può proprio affermare che più che il muro son crollati gli immobili di Di Pietro. Di Pietro non c’é più affossato dalle sue malefatte, esposte in tv dalla Gabanelli, e noi ci siamo ancora. Per noi che abbiamo combattuto il giustizialismo e il dipietrismo quando erano assai popolari e noi sembravamo mosche bianche è una bella soddisfazione. E cito anche l’ammissione che meno te l’aspetti e cioè la dichiarazione di Francesco Saverio Borrelli, poco prima di morire, corredata di scuse per il disastro seguito a Mani Pulite. “Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”.

Dieci anni fa giudicammo apprezzabili le esplicite ammissioni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che immaginando un trattamento particolare e discriminatorio a lui solo riservato, parlò di estrema durezza con la quale Craxi fu trattato dai magistrati. Era una novità, soprattutto perché frutto delle esplicite convinzioni di un presidente della Repubblica. E dieci anni fa questa interessante ammissione non mancammo di sottolinearla e valorizzarla.

Oggi viviamo, e lo sottolineiamo con un finalmente, i giorni della generale rivalutazione di Craxi (non mi piace il termine riabilitazione che rimanda alla storia della Chiesa e del comunismo). Perché? Oggi si può? Il tempo aiuta a sciogliere anche i grumi di settarismo e di ipocrisia della politica. Ma non credo sia solo per questo.

Oggi esiste una forte componente di rimpianto, dovuta alla scarsa credibilità delle classi dirigenti italiane odierne. Una classe dirigente d’altronde non si improvvisa. Non si può sostenere che la politica non é un mestiere e poi scoprire che si sono generati i dilettanti, non si può elevare l’inesperienza a virtù e l’esperienza a difetto e poi accorgersi che i governi italiani non sono all’altezza, non solo di quelli passati, ma nemmeno di quelli europei.

Il paragone che genera il rimpianto può essere molto utile per rileggere la storia. Che non può essere frutto di improvvisazioni o di distorsioni di un momento o di un interesse di parte. Lo ha ricordato Bobo, citando De Gregori, “la storia non ha nascondigli”.

Diciamo la verità, Craxi è stato il primo sovranista, dichiarò che l’Europa sarebbe stata se non un inferno per l’Italia almeno un limbo, spronò l’Italia a pretendere la revisione del trattato di Maastricht, ma al contrario di Salvini egli era anche convinto che i problemi dell’Italia si sarebbero risolti solo in Europa, a contatto coi governi dei più grandi paesi europei, dei quali la sua Italia, quinta potenza industriale del mondo e paese del G7, aveva appieno le caratteristiche.

A noi interessa una rilettura attenta e anche critica della storia del Psi craxiano, del quale siamo stati parte. Tutti noi, quelli che Craxi hanno appoggiato e anche i pochi che lo hanno contestato

Non una rilettura apologetica perché, lo ha ricordato Rino Formica, Craxi commise errori politici dopo l’89 e anche sulla gestione delle risorse e del partito, ma una rilettura equa, riparatrice, produttiva storicamente e se possibile anche politicamente.

Due osservazioni.

La prima é una necessaria ammissione. Il naufragio del Psi e la persecuzione di Craxi suscitò pesanti intrusioni esterne, ma non poche strumentalizzazioni interne. Bisogna avere il coraggio di ammettere che non furono pochi i socialisti che caddero nella rete del mito di Mani pulite e del torquemada meneghino Di Pietro e che si forgiarono del titolo di rinnovatori quando la nave stava affondando e tutti noi eravamo sull’orlo dell’annegamento. Qualcuno, ma questo é un caso frequente in occasione delle crisi dei partiti politici, puntava sul celebre detto mors tua vita mea. Quando al massimo al poteva aspirare al ruolo di provvisori suonatori nella famosa orchestrina del Titanic.

Dico questo perché il giustizialismo contagiò anche diversi di noi. Io voglio ricordare il mio comportamento. Pur collocandomi allora sulle posizioni di Martelli, perché vedevo Bettino troppo fermo e quasi in difesa dopo la vittoria del socialismo democratico sul comunismo, nel 1989, ho sempre combattuto contro la criminalizzazione di Craxi votando no alle autorizzazioni a procedere in Parlamento, per evidente fumus persecutionis, e quel voto mi costò un processo sui giornali reggiani, e al tavolo dei progressisti, ispirati da furore giacobino e da grida in stile tricoteuses, venne sanzionata una bocciatura della mia candidatura, a soli 42 anni, e con solo una legislatura e mezzo sul groppone. Così tanto per ricordare…

La seconda riguarda un necessario e ponderato giudizio su Mani pulite. Già il libro di Luciano Cafagna che venne pubblicato nel 1994 asseriva un concetto inoppugnabile e cioè che “quando nasce una questione morale é perché esiste una questione politica”.

Si può dire, visto che fino al 1989 il finanziamento illecito era stato amnistiato, che le indagini vertevano solo nel triennio 1989-1992. Ed escludeva, ad esempio, quel che l’amico e compagno Gianni Cervetti ha chiamato nel suo coraggioso libro “L’oro di Mosca”. La questione morale riguardava dunque solo un triennio.

Che la morale si pieghi alla politica é evidente ai nostri giorni. Oggi la Lega deve allo stato 49 milioni, quasi l’intera tangente Enimont. E raddoppia i voti. Il Psi per molto meno é praticamente scomparso. La questione politica in questo caso ha sopravanzato e annullato la questione morale.

Craxi, poi, é stato condannato in due processi, ultimati entrambi a tempo di record, perché un segretario “non poteva non sapere”, uno solo però perché invece tutti gli altri sì. Ricordo l’episodio del miliardo consegnato da Gardini a Botteghe oscure senza per questo che alcun dirigente del Pci venisse inquisito. Un miliardo consegnato ai fantasmi.

I due processi completati con sentenze definitive sono quelli relativi ad Eni Sai e alla Metropolitana milanese. Altri processi sono stati bloccati dopo la sua scomparsa o perché andati in prescrizione. Se tutte le richieste fossero state accolte Craxi sarebbe stato condannato a 27 anni di carcere, per un uomo che aveva giá più di 60 anni praticamente all’ergastolo. Peggio di un omicida, di un terrorista, ma solo per finanziamento illecito al partito e reati connessi. Una pena sovrumana. Aveva ragione Napolitano con la sua dichiarazione. Una giustizia ad usum Craxi, peraltro condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo perché non ispirata ai criteri del giusto processo.

Quanto al fiele scaricatoci addosso da quella punta di diamante del perdurante giustizialismo strabico che é Marco Travaglio, ben coadiuvato da quel Travaglio minore che é Scanzi, sarebbe opportuno ricordare che a proposito di salvezza di un terrorista, Abbu Abbas, Craxi con la trattativa salvò la vita a tutti i passeggeri dell’Achille Lauro e che il suo interlocutore nella trattativa non poteva essere arrestato, come volevano gli americani. Craxi non é mai stato un pavido doppiogiochista. Per questo li fece circondare a Sigonella. Perché in territorio italiano ci comandano gli italiani. Lo dimostrerà anche l’anno dopo negando agli americani le basi per bombardare Tripoli e Bengasi. Ma ci può essere un paragone con il comportamento dell’Italia di oggi con questi abatini alle prese con una ridicola spola tra Serraj e Aftar mentre Russia e Turchia si dividono la Libia proprio di fronte a noi, riservandoci una specie di sberleffo?

Ma c’é un’esigenza anche locale. Riparatrice verso una storia

Il sindaco Vecchi sappia che i socialisti di Craxi hanno amministrato la città col Pci. Che hanno presieduto la provincia, e gestito aziende pubbliche, sindacati, cooperative e associazioni di categoria e se oggi Reggio e l’Emilia vengono valutate come eccellenze credo sia anche merito loro.

Reggio e il suo sindaco sappiano che il socialismo reggiano, da Prampolini in poi, il socialismo riformista e liberale, é stato il fulcro creativo di questa città e che negli anni ottanta e novanta il Psi reggiano era prevalentemente un centro culturale (La Giustizia, l’Istituto storico Marani, l’archivio Prandi, l’Almanacco di Nando Odescalchi, che aggregava storici e intellettuali, da Franco Boiardi a Luciano Serra…) e che nessuno di noi é stato sfiorato da un dubbio di disonestà. Se noi non abbiamo mai voluto dare lezioni di moralità nessuno poteva darne a noi.

Questi socialisti sarebbero grati se il sindaco volesse ricordare Bettino Craxi, anche per una questione più specificamente locale.

L’intestazione di una via, una piazza, una sala, l’approntamento di una targa a quello che per quasi 20 anni é stato il segretario nazionale del Psi (oltre che il presidente del Consiglio) sarebbe anche un omaggio al suo governo che concesse a Reggio nel 1985 la primogenitura tutt’altro, che priva di concorrenti, vedasi Milano, della paternità del tricolore. Un riconoscimento propongo che Reggio l’offra in cambio di un sostegno che la comunità socialista si impegna a dare anche se non ha quasi mai mancato di dare. Un riconoscimento lo meritano tutti i principali leader democratici italiani, a cominciare dal segretario dell’altro partito della sinistra italiana Enrico Berlinguer. Aggiungo. Possibile avere strade e piazze dedicate tutt’ora all’Unione sovietica e perfino a Tito o d’altra parte a Francesco Crispi, responsabile delle leggi liberticide che misero fuori legge Turati e Prampolini e a re Umberto l, corresponsabile della strage di Bava Beccaris, e negarlo a chi ha ridato forza e orgoglio alla nostra democrazia?

La politica si è arruffata e anche assai arrugginita. La crisi di sistema, con la crescita del populismo, che una sinistra senza storia e valori, non ha saputo anticipare, e non sa tuttora affrontare, pare infinita. Sappiamo bene che quel che ci separa da allora è un ventennio di grandi trasformazioni, ma affinché la verità della storia sia soprattutto storia della verità, come allora reclamammo a proposito dei delitti del dopoguerra, é indispensabile affrontare questo nodo, scioglierlo definitivamente. Ridare a Craxi quel che Craxi si merita, la sua piena e completa ricongiunzione con la dimensione della politica, che é poi quello che il suo memorabile discorso del luglio del 1992 implicava come conseguenza diretta.

Parlo di quel grido disperato alla Camera “Se il finanziamento irregolare e illegale ai partiti é criminale allora tutto il sistema sarebbe criminale. Non credo ci sia nessuno in quest’aula che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo, presto o tardi i fatti incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”. Nessuno si alzò. Un silenzio verità si impadronì dell’aula.

Il passato può essere rimpianto ma non ritorna. Non foss’altro perché non possono ritornare gli uomini del passato. E quelli del passato tuttora viventi sono troppo vecchi. Però c’é qualcosa del passato che può ancora vivere. Le intuizioni, alcune idee di fondo, un’ispirazione. E soprattutto l’assunzione di una storia. La nostra, quella che da Turati e Prampolini arriva a Saragat e al Nenni autonomista, fino a Craxi. E che oggi pare non avere eredi. La storia che ha vinto e che rappresenta l’unica versione ancora attuale di socialismo ma che pare fino ad ora strumentalmente, ipocritamente deposta in soffitta. Per costruire il futuro occorre che questa storia rinasca e si riproduca. Dove non saprei. Ho molto apprezzato i riconoscimenti di Matteo Renzi al Senato e quelli contenuti nella sua intervista di ieri nella quale ha dichiarato che Craxi è stato un gigante al confronto coi politici di oggi, ma anche i toni e le ammissioni di Piero Fassino in televisione. Il tempo di votare a destra per vendetta non é politicamente produttivo, soprattutto oggi che la destra é più radicale e contraddice i valori di fondo quali la solidarietà, la democrazia liberale, i diritti di laicità che sono parte integrante della nostra identità, quella manifestata attraverso le conquiste sociali del primo centro-sinistra di Nenni e quelle civili frutto delle leggi di Loris Fortuna. Per rinascere una sinistra moderna ha bisogno di riconoscere anche i meriti politici di Bettino Craxi, per rinascere una sinistra riformista ha bisogno di una storia riformista, una sinistra socialista ha bisogno di una storia socialista. Non è coerente e credibile un partito socialista in Europa, democratico in Italia, col passato comunista democristiano. Noi rappresentiamo la possibilità di superare queste contraddizioni. Di risolvere una paradossale antinomia. Abbiamo tenuto duro in questo quarto di secolo senza incarichi, o quasi, senza soldi, in appartamenti di compagni o in sedi ricavate nei sottoscala dei condomini. Ci ha sorretto la passione, ma soprattutto il nostro non mollare è diventata una sfida di resistenza contro la grande ingiustizia e la tragedia che ci ha colpito e che ci poteva definitivamente seppellire. Grazie compagni di essere ancora qui e grazie ai nostri interlocutori, Antonio e Maura, di avere accolto il nostro invito. Ciò vuol dire che siamo interlocutori affidabili. Penso che sia veramente venuto il momento di essere orgogliosi dell’intera nostra storia, senza eccezioni. Anche gli altri ormai ce lo riconoscono. Valeva la pena aver tenuto duro.

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