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Il Fatto strafatto

Non mi viene altra parola che squadrismo a commento di una vignetta su Craxi del Fatto quotidiano, anzi di due, ci metto anche quella dedicata al direttore del Riformista Piero Sansonetti, che aveva ribattuto e polemizzato con il giornalaccio di Travaglio. Che un vignettista possa esagerare nel commentare con la sua penna le azioni di un leader politico ci sta. Che si scada nell’insulto volgare e nella trivialità no. Soprattutto se la volgarità e l’odio il più bieco sono esattamente sulla linea tracciata dal suo direttore Marco Travaglio nelle diverse interviste televisive rilasciate e nei suoi articoli. Il tono é quello dei giornali di regime, con un di più di cannibalesco istinto, dunque uno squadrismo volgare.

Le due vignette non mi va neppure di descriverle tanto trasudano rancore nei confronti dell’unico leader politico italiano costretto a scegliere tra la morte all’estero e la galera in patria, per reati commessi da tutti, con due sentenze farsa sul groppone emesse a tempo record e a col presupposto che egli “non poteva non sapere” al contrario di tutti gli altri. Rancore e offese che si allargano a chiunque intenda prendere le difese di Craxi o anche lontanamente suggerire forme postume di rivalutazione e che si esprimono con egual segno verso chiunque polemizzi con l’impostazione in stile Pol Pot del giornale di Travaglio. Per quest’ultimo e per il Travaglio minore, Scanzi, Craxi è un ladrone di stato, un intoccabile, un reietto. Vent’anni hanno addolcito molte rigidità e contribuito a rileggere la storia del passaggio dalla Prima alla seconda repubblica. Questo é avvenuto a destra e a sinistra. Solo il travagliato Fatto si intestardisce coi vecchi preconcetti. Anzi li irrigidisce ancora di più vent’anni dopo sferrando attacchi a tutti coloro che si azzardano a rimodulare i vecchi pregiudizi.

Per il Fatto Craxi prese soldi per sé e questo assunto si scontra perfino con quanto ammesso dal giudice D’Ambrosio che in un’intervista rilasciata dopo la morte del leader socialista precisò che Craxi era un totus politicus e non aveva neanche il tempo per pensare ad altro. Che i finanziamenti, dunque, gli servivano per la politica. La follia di Travaglio é arrivata al punto da definire Craxi amico dei terroristi palestinesi solo perché volle far circondare gli americani a Sigonella per impedire che venisse arrestato colui che rese possibile la liberazione dei passeggeri dell’Achille Lauro. Un’altra vergognosa manomissione della storia. Craxi era contro il terrorismo e lo condannò alla Camera poco dopo. Era per il dialogo con Israele e amico di Simon Peres. Volle i laburisti israeliani nell’Internazionale socialista. Ma pretendere che il Fatto quotidiano conosca la storia é come pretendere che un analfabeta conosca Leopardi.

Come si sa, questo giornale travagliato é sorretto dalle procure. E’ il giornale dei magistrati. Ne suggerisce analisi e proposte sulle singole leggi. Ne sposa posizioni, critiche e consensi. Non di tutti sia ben chiaro perché voglio continuare a pensare che la maggioranza dei magistrati sia in buona fede e non inserita nei pastrocchi politici che si sviluppano nel Csm. La democrazia travagliata é una democrazia zoppa, anzi falsa. Dove non ci comanda il popolo, ma un gruppo di toghe politicizzate pronte a falsare gli esiti elettorali. Sono quasi trent’anni che succede. Il Pool Mani pulite colpì un sistema politico debole dopo la caduta del comunismo e che non aveva saputo cogliere il momento per produrre una profonda autoriforma. Libri anche recenti parlano di contatti tra Di Pietro, un tempo divenuto mito e oggi decaduto assieme ai suoi numerosi immobili, e settori della diplomazia americana, tanto é vero che Sgarbi ha riproposto la necessità di una commissione d’indagine parlamentare che un tempo non si volle creare per la paura di indagare anche sull’azione dei magistrati.

I punti oscuri dell’indagine a senso unico, l’utilizzazione dello strumento del carcere preventivo a fini di confessione (cioè come tortura) e in quanto tale illegittimo perché escluso dalle disposizioni legislative in materia, il complesso delle richieste dei pm nei processi a Craxi, quelli ultimati e quelli poi sospesi per la morte dell’imputato, che ammontavano a 27 anni (per un uomo di più di sessant’anni equivalevano all’ergastolo) per il solo finanziamento illecito e reati connessi, l’ammissione della Corte europea per i diritti dell’uomo che a Craxi sia stato negato “il giusto processo”,  l’autocritica di Borrelli che chiese scusa perché “non valeva la pena passare dal mondo di ieri a quello di oggi”, questo e altro non ha portato a un ripensamento, o quanto meno, a una lettura meno settaria e unilaterale da parte di questo vergognoso giornale.

Ho sempre pensato che le indagini sui finanziamenti illeciti ai partiti, che tutti conoscevano bene, compresi i magistrati e che nessuno di loro, men che meno il prode Di Pietro, che non solo non viveva sulla luna ma frequentava molti dei suoi futuri imputati, aveva sviluppato prima (queste illegalità esistevano anche al tempo di Nenni com’egli confessa nei suoi diari nel 1971 a proposito del caso Mancini), non fosse altro che un tentativo accreditato in sede internazionale per evitare di indagare, come sarebbe stato finalmente possibile dopo la fine del comunismo e con esso del bipolarismo, sui misteri delle stragi in Italia. Stragi ancor oggi in larga parte impunite. Da Piazza Fontana a Brescia ai due Italicus, a Ustica e alle ombre che ancor si agitano su Bologna. Dopo la caduta del Muro in Italia i veri misteri sono stati coperti e sono emersi fatti noti e arcinoti. Ma quest’ultima é solo una mia supposizione. Pensare che al Fatto possano riflettere é come ritenere il ballo di Conte alla ricerca del posto perduto un contributo al prestigio dell’Italia.