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La sfida in Emilia-Romagna

Si vota anche in Calabria e l’esito pare certo. Quello emiliano-romagnolo é invece incerto. Tutti i sondaggi, anche quelli non pubblicabili, danno un probabile testa a testa. Ma l’Emilia-Romagna non é importante solo per questo. Questa regione, storicamente appannaggio della sinistra, rappresenta l’ultima trincea dell’antisalvinismo, che ha trionfato in otto regioni su otto nel corso degli ultimi due anni. Se cade l’Emilia-Romagna, si dice, allora cambia tutto. Difficile che perfino il governo riesca a reggere, che il presidente della Repubblica possa non tenere conto che la maggioranza del Parlamento non corrisponda per nulla a quella del Paese.

La campagna elettorale é stata giocata su due paradossi. Da un lato Salvini l’ha affrontata come se fosse una campagna politica scorazzando in lungo e in largo per la regione, baciando coppe piacentine e forme di Parmigiano-Reggiano, indossando il berrettino della Ferrari a Maranello e sbucciando vongole su una imbarcazione romagnola nell’Adriatico, ma incorrendo nella gaffe al citofono con un presunto, ma incolpevole spacciatore, e lamciandosi nel grottesco a Bibbiano con mamme che hanno perso figli e nonne piangenti come se un’inchiesta avesse già sentenziato colpe che ancora devono essere provate. Dall’altro lato Bonaccini ha evitato la politicizzazione di queste elezioni soffermandosi solo sul bilancio della sua giunta e sul programma futuro e vietando ai dirigenti nazionali del suo partito di affiancarlo. Ricordo solo un comizio per pochi intimi e sotto un portone del povero Zingaretti.

Il secondo paradosso é il gioco a nascondino del candidato leghista. Mentre Bonaccini ha proposto se stesso come condottiero elettorale il centro-destra ha lanciato Salvini, anche se la candidata ufficiale era e resta la Borgonzoni. Di qui l’equivoco. Se Salvini vincerà, vincerà la Borgonzoni, mentre se Bonaccini vincerà, vincerà Bonaccini. Tutta la campagna elettorale si é sviluppata alla luce della sfida Salvini-Bonaccini, ben sapendo che la vera sfida era e rimane tra Bonaccini e Borgonzoni. D’altronde questo equivoco é figlio del precedente. Impostare le elezioni regionali come elezioni politiche porta necessariamente alla sfida tra i leader nazionali, che però Bonaccini ha voluto evitare parlando solo di questioni regionali. Non c’é stata la sfida Bonaccini-Borgonzoni e neppure la sfida Salvini-Zingaretti. Ma l’impari sfida Salvini-Bonaccini. Che non riuscivano a confrontarsi perché parlavano linguaggi diversi.

Le sardine sono state la novità di questa campagna elettorale. Nessuno immaginava che piazza Maggiore sarebbe stata riempita quella sera dopo un appello di un gruppo di ragazzi che intendeva fronteggiare Salvini. Questo ha portato alla luce un nuovo movimento per ora senza programmi e scelta politica ma che, proprio per la sua indeterminatezza e la sua giovinezza, ha convinto molti cittadini a riempire tutte le altre piazze. Cosa che non sarebbe certo riuscita al Pd. Anzi il movimento delle sardine dimostra proprio l’inadeguatezza della proposta politica del Pd, così come la reticenza di Bonaccini a farsi sostenere dal suo partito.

In questo contesto la vera novità politica di queste elezioni é certamente costituita dalla presentazione della lista Più Europa, Psi e Pri, che potrebbe eleggere uno o più consiglieri regionali e permettere al Psi di rientrare a pieno titolo in Consiglio regionale da dove é assente dai tempi del listino e da dove non aveva eletti direttamente dal 1995. Questa lista rimanda a un progetto politico nazionale del quale oggi si parla, relativo alla costruzione di un nuovo polo liberalsocialista allargato a Italia viva e ad Azione, che potrebbe bilanciare per consistenza la forza del Pd: una seconda gamba del centro-sinistra sarebbe oltretutto necessaria per puntare a tornare ad essere competitivi. Dall’Emilia-Romagna si attendono indicazioni. La notte di domenica si annuncia lunga.