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Ma vaffa…

Mentre infuria ancora, sia pure con folate meno intense e con fondate speranze di vedere una luce in fondo al tunnel, il tornado del coronavirus, il governo Pd-Cinque stelle più varie ed eventuali ha pensato bene di concentrarsi sul rinnovo degli enti senza neanche porsi il problema, come giustamente annota Paolo Mieli nel suo esemplare articolo pubblicato oggi sul Corriere, di un transitorio congelamento. Cosi il quadro pare definito. Claudio Descalzi, il contestato amministratore delegato di Eni, resterà al suo posto, nonostante le vicende giudiziarie che lo hanno interessato, unitamente al faccendiere Luigi Bisignani e altri,per tangenti pagate a proposito di affari conclusi in Nigeria e per questo rinviato a giudizio. Da garantisti non saremo certo noi a pretendere la sua testa anche perché conosciamo bene come si concludono gli affari in larga parte dei paesi del mondo, e soprattutto coi paesi africani. Ma il prode Di Battista é partito all’attacco. Secondo il dirigente-turista coi criteri del Movimento Cinque stelle costui “non avrebbe potuto neanche essere eletto in un Consiglio di circoscrizione”. La battaglia all’interno del movimento é iniziata con Barbara Lezzi, ex ministra arrabbiata in prima fila. Resta il fatto che il movimento coi suoi tre uomini al tavolo Crimi, Fraccaro e Buffagni, ha portato a casa un buon bottino. Per accettare Descalzi i Cinque stelle hanno preteso e ottenuto la nomima di Lucia Calvosa, tra l’altro membra del Consiglio di ammnistrazione di Seif, la società che edita Il Fatto quotidiano, alla presidenza di Eni al posto di Emma Marcegaglia. E non é finita. Nel gioco aborrito e oggi praticato delle lottizzazioni politiche pare certa la nomina del presidente di Acea, molto vicino al sindaco di Roma Virginia Raggi, Stefano Donnarumma, alla presidenza di Terna. Il Fatto quotidiano, peraltro, dopo avere piacevolmente incassato la nomina della Calvoso, é partito lancia in resta non solo appoggiando le tesi contestatorie di Di Battista, ma annunciando che tra i Cinque stelle “é partito il giochino a scaricare le colpe e poi a cancellare le prove”. E così rivela che dopo aver nominato i consigli di amministrazione si scoprirà che vi hanno trovato posto Carmine America, compagno di scuola (quale?) di Di Maio e chiamato recentemente con un incarico ben retribuito alla Farnesina, e addirittura l’ex ministra Elisabetta Trenta, quella che si era installata in un appartamento militare a canone d’affitto risibile e che non intendeva mollare. Le divisioni dei Cinque stelle potrebbero anche accentuarsi sulla vicenda Mes, con gravi e negative ripercussioni sugli interessi nazionali (36 miliardi a tasso inferiore a quello di mercato valgono assai meno dello scontri tra Dibba e Dimma, no?), minando la credibilità, l’affidabilità e la tenuta del governo italiano, gia alle prese con una significativa spaccatura al parlamento di Strasburgo sugli strumenti da azionare per finanziare la crisi. Lo scontro sulle nomine rischia cosi di indebolire ulteriormente la stabilità, già carente, dell’esecutivo Conte due. Resta un’antica massima quanto mai attuale a proposito di lottizzazione: “Fate quel che dico, non quel che faccio”. E siccome ieri costoro si presentavano nelle vesti di moralizzatori, contrari a tutte le vecchie logiche spartitorie, ci viene spontaneo salutarli con l’originario grido di battaglia col quale sono nati: “Ma vaffa…”