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Ciao, originalissimo Mario

28 Aprile 2020 497 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dopo Paolo, Lanzi, anche Mario, Monducci. Due amici in pochi giorni sono scomparsi. Mario però ha scelto un modo originale: d’infarto in epoca di coronavirus. Esaltando cosi anche nella dipartita quella sua specificità che lo aveva fatto diventare radicale e repubblicano quando questi partiti a Reggio erano praticamente inesistenti, nonché tifoso accanito del Lanerossi Vicenza, quando gli altri amici erano milanisti o juventini. Ho conosciuto Mario ai tempi del Liceo, quando, lui studente del Secchi, con un paio d’anni in più, già si occupava di politica. Insieme, nel 1970, fondammo, lui radicale e io socialista, il gruppo radicalsocialista con sede in via Emilia San Pietro. Avevamo come coinquilini il nucleo poco rassicurante di Sinistra proletaria (simbolo con falce, martello e fucile) che poi degenererà nelle Br, e dall’altra parte un monolocale dove si incontravano ragazze e ragazzi per divertirsi e incantonarsi. Troppo impegnati noi per essere attratti dal disimpegno. Mario portò a Reggio Marco Pannella nei primi anni settanta, già allora impegnato in uno dei rituali suoi scioperi della fame. Con Mario, oltre alla passione politica, ci univa il tifo per la Reggiana che tra il 1970 e il 1971 seguimmo in ogni trasferta coi pullman organizzati dall’edicola Gambarelli. E con noi i fratelli Braglia, I gemelli Cocconcelli, qualche volta Massimo Manzotti. Una volta, a Padova, calò la nebbia e non vedemmo nulla. Ci dissero che aveva segnato Zanon e tornammo contenti. Mario si iscrisse al Pri e nel 1980 entrò, era la prima volta per un repubblicano, in Consiglio comunale, io l’avevo preceduto di cinque anni. Da lì non si sarebbe mosso fino al 1983 quando venne eletto deputato (e questa volta fu lui che precedette me di una legislatura). Il segretario del Pri Biasini, eletto in entrambi i collegi dell’Emilia Romagna, optò per quello bolognese e in questo subentrò Monducci come primo dei non eletti. Mario aveva solo 33 anni e per lui si schiudevano le porte dell’alta politica. Poi, più o meno a metà del percorso, come un fulmine a ciel sereno gettò sul tavolo di Montecitorio le sue dimissioni. Originale anche in questo. Dopo una lotta immane per conquistarsi un posto al sole, lo disperse al vento. Rimase in Consiglio comunale a occuparsi dei problemi della sua città. Laureato in economia e commercio teneva molto al suo lavoro. Poi, dopo la svolta del Pci, a seguito della fine del comunismo, la sua adesione ai Ds, fino allo strappo anche con loro, in occasione delle elezioni comunali del 2004, quando con la sua nuova associazione Gente di Reggio riuscì a conquistarsi ancora il seggio in Consiglio comunale. Infine la delusione per il mancato rinnovo nel 2009 e gli anni duri. Costretto a chiudere lo studio con due figli e due ex mogli, gli anni dell’isolamento, della malattia, della povertà. Non fu aiutato da nessuno. In molti si voltavano dall’altra parte. I Cinque stelle gli avevano tagliato del 50 per cento il vitalizio parlamentare che non credo superasse i mille euro. Ci demmo appuntamento al Condor, suo abituale rifugio, circa un paio di mesi fa. Mi disse che aveva una miriade di problemi fisici ed economici e che fra poco non avrebbe più camminato. Viveva col figlio, gli portava a scuola il bambino, cucinava. Mi prese alla sprovvista quando mi confidò che gli restavano al massimo due anni di vita. I due anni son diventati due mesi. Così nel mezzo dell’epidemia il suo cuore ha deciso di farla finita. Dopo una vita vissuta appassionatamente. Senza quella corresponsione dagli altri che avrebbe meritato. I ricordi si mischiano alla nostalgia e al pensiero che con lui se ne va anche un bel pezzo della mia vita.

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