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Quando di Avanti ce n’erano due

L’archivio digitale dell’Avanti, consultabile sul sito del Senato, ma anche attraverso l’home page dell’avantionline, contiene ora anche i numeri della sua fase dell’esilio parigino, 1926-1940, e della resistenza, 1943-45, oltre ai sedici numeri che nel 1893 ne anticipavano la pubblicazione e che vennero alla luce mentre nella mia Reggio Emilia, l’oasi del socialismo riformista di Camillo Prampolini, già si pubblicava un quotidiano socialista dal titolo provocatorio: Il punto nero. Si trattava dell’ironica presa d’atto, contenuta nel titolo, dell’accusa alla città emiliana di rappresentare un’anomalia del sistema giolittiano, appunto un punto nero, come la definì un esponente del governo di allora. Quando il partito nacque, a Genova nei giorni di ferragosto del 1892, il nuovo partito dei lavoratori, di ispirazione socialista (ne sorse anche un altro di natura anarco-operaista, ma durò poco) si dotò solo di un settimanale: La lotta di classe. L’Avanti, come quotidiano, ebbe il battesimo nel giorno di Natale del 1896, e il nome, già lanciato da Andrea Costa che nella sua Romagna pubblicava un Avanti periodico, venne ripreso dal quotidiano socialista tedesco Vorwarts. Come quotidiano l’Avanti non cessò di esistere durante la dittatura che con le leggi fascistissime mise fuori legge i giornali democratici. Risorse infatti a Parigi nel 1926, su iniziativa di Pietro Nenni che, convinto della riunificazione coi riformisti di Turati e Saragat, venne poi messo in minoranza al Congresso di Grenoble dall’ala massimalista e anti riformista di Angelica Balabanoff. Quest’ultima saprà ravvedersi e nel 1947 aderirà al partito di Saragat. Nenni si trovò dunque a perseguire una politica senza possedere il nome del giornale che dopo trattative finì al gruppo della Balabanoff, mentre il nome del partito restò nelle sue disponibilità, tanto che poi venne assunto dal nuovo partito unificato a Parigi nel 1930. L’organo del Psi divenne il Nuovo Avanti e la sua collezione é stata inserita nell’archivio digitalizzato del Senato. Si tratta di un percorso di grande rilevanza nella storia del socialismo e dell’antifascismo italiano, ma anche dell’internazionalismo socialista, che nel Nuovo Avanti trovava ampio spazio, al pari della sua autentica vocazione europeista, già evocata da Filippo Turati e poi ripresa da Eugenio Colorni. Quest’ultimo, che dell’Avanti clandestino sarà il principale motore e che a Ventotene contribuirà a scrivere con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi il famoso Manifesto, al pari di Bruno Buozzi sarà una vittima del nazifascismo in una Roma che si apprestava ad essere liberata. Intanto pubblichiamo, come redazione, un articolo con la presentazione dell’Avanti dell’esilio e con la ripresa di parti del libro di Ugo Intini sulla storia dell’Avanti cui seguirà un nuovo articolo sull’Avanti clandestino, sempre supportato dalle efficaci descrizioni contenute nel libro di Ugo. Possiamo concludere che in quel periodo c’erano due Avanti (che curioso precedente) ma solo uno era di proprietà del Psi e la reductio ad unum sotto l’egida del partito fu poi assicurata.