Devo certamente premettere all’argomento che sono impegnato quest’oggi a trattare che le privatizzazioni all’italiana, a cominciare da quella di autostrade, sono state più meno regali alla grande impresa. La privatizzazione di Autostrade risale al 1999, governo D’Alema, quando la società venne venduta dall’Iri a una cordata capeggiata da Edizione, la holding finanziaria della famiglia Benetton che controlla la società Atlantia con oltre l’80% delle azioni, quotata in borsa, e a cascata Autostrade per l’Italia, la società in cui sono state concentrate tutte le concessioni autostradali. L’operazione avvenne in due tempi, fu completata nel 2003, e tra cessioni con plusvalenza di azioni e debiti scaricati sulla nuova società, ai Benetton non costò nulla o quasi. Nella società Atlantia sono presenti investitori istituzionali (banche e investitori professionali) e una larga parte di investitori esteri. Questo porta all’esigenza della massima remunerazione delle attività. Tanto che nel 2017 sono stati distribuiti utili per 968 milioni. Quello che é sempre mancato é il controllo pubblico. Non é mai stato istituito (perché?) una sorta di regolatore indipendente capace di controllare l’effettiva realizzazione degli investimenti e verificare la sicurezza delle strutture. In buona sostanza non si é affidata la gestione a privati mantenendo il governo dell’infrastruttura. Si sono affidati l’uno e l’altro ai privati. Paradossalmente Autostrade doveva controllare se stessa. Quello che lo stato doveva pretendere nell’accordo di concessione del 1999 era autotutelarsi. E invece é avvenuto il contrario. E cioè ha accettato una tutela dei privato assicurandolo che una eventuale revoca sarebbe costata allo stato una cifra d’indennizzo mostruosa, ai limiti del grottesco: ben 23 miliardi di euro. Tanto che nel decreto mlleproroghe il parlamento ha abbassato la cifra portandola a “soli” sette miliardi. Difficile, come ha poi fatto notare l’avvocatura dello stato, considerare inoppugnabile un provvedimento unilaterale e retroattivo. E dunque la revoca, che i Cinque stelle hanno strombazzato per due anni, é stata opportunamente scartata. Il ragionamento di Di Maio a tale proposito, appare davvero contraddittorio e illogico. Il ministro degli Esteri grillino rivela che la questione della revoca sarebbe stata usata strumentalmente per costringere i Benetton a un accordo. E secondo l’ex capo grillino i Benetton si sarebbero spaventati all’idea di incassare 23 miliardi di euro? Non diciamo sciocchezze. Restano due punti interrogativi. Intanto non é stato fissato il prezzo che la Cassa depositi e prestiti dovrebbe pagare per subentrare come azionista di maggioranza in Aspi. E non si è mai visto celebrare un’intesa che lascia aperto, ma questa é una caratteristica di questo governo, l’aspetto finanziario. Secondo: si vedrà se il pubblico, attraverso Anas, saprà garantire investimenti e sicurezza, visto che la società di gestione ha sottoscritto la proposta di un generale abbassamento delle tariffe, che significa la certezza di minori entrate. Dal punto di vista politico non é più il tempo di ritenere che il pubblico, di per sé, sia meglio del privato. La questione, anche dal punto di vista teorico, per un socialista va declinata in modi nuovi rispetto al passato. Già abbiamo parlato della differenza tra gestione e governo. Le gestioni, anche nei servizi, possono anche essere delegate ai privati, che spesso assicurano maggiori risparmi e investimenti, ma il governo, cioè la cornice normativa e i controlli, va saldamente tenuto in mano pubblica. E questo certo non é avvenuto nel caso di Autostrade. Aggiungo. In particolare il pubblico, lo dico per quanto riguarda la rete idrica e gli slogan sull’acqua pubblica, come sulla scuola e la sanità, deve sempre verificare l’efficienza delle gestioni e i risparmi ottenuti, che possono essere investiti per risolvere problemi sociali di primaria importanza. Intendo qui riaffermare un concetto che mi sta molto a cuore. Se una struttura pubblica, pensiamo ad Alitalia, produce un buco, mette in discussione l’occupazione, impone tagli di spesa anche in settori vitali, allora non é solo anti economica, é anti sociale. I miliardi sotterrati in Alitalia li pagano i cittadini italiani, anche quelli che sono soliti viaggiare in treno in seconda classe. E’ un’operazione, questa, che i socialisti, i riformisti, i democratici devono osteggiare. Se Alitalia, quand’era possibile, fosse stata ceduta, non solo lo stato non avrebbe rimesso così tanti miliardi negli ultimi anni, ma avrebbe avuto più risorse da investire per creare lavoro e per combattere la povertà. Quello che a mio giudizio i socialisti devono acquisire é la cultura non delle parole vuote, degli slogan, delle vecchie contrapposizioni (queste per favore lasciamole ai Cinque stelle), ma quella delle conseguenze concrete che una scelta determina. E domandarsi sempre, e magari saper prevedere, se un’operazione sia equa per la società oppure no. A mio modesto parere la privatizzazione di Autostrade é stata solo utile ai privati, ma é tutto da vedere che la nazionalizzazione sia utile allo stato e alla società. Per il momento chi ci ha guadagnato, col balzo delle azioni di Atlantia in borsa e coi miliardi, ancora non si sa quanti, ma certamente più dei tre che devono versare per il crollo del ponte Morandi, sono i Benetton.