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Mes e Recovery all’incontrario

In Europa non hanno tutti i torti a porci qualche domanda. Noi per adesso non attiviamo il Mes non perché non ci guadagniamo come, sembra, facciano Francia e Spagna che hanno un costo del denaro quasi pari a zero, mentre noi vendiamo i titoli all’1,5 e anche all’1,8 per cento, contro lo zero offerto dal Mes. No, ancora non decidiamo, per opposizione dei Cinque stelle, perché lo consideriamo “pericoloso”. Pericoloso perché? Il vecchio Mes, quello con le condizionalità fissate dalla Commissione e non dal Trattato che si limita, come sottolineato da Ceccanti e Brunetta, a fissare criteri generali ed é la Commissione che li precisa, é stato attivato da Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro e la pericolosità, determinata per noi dall’incombere impietoso della troika sul Brennero, non l’hanno nemmeno avvertita. Sono paesi che oggi stanno meglio di noi. Per avere una chiara situazione dell’economia italiana basta leggere l’articolo di Federico Fubini sul Corriere di oggi: “Alla fine dell’anno prossimo l’economia tedesca sarà del 13% più grande di com’era alla vigilia dell’altra grande crisi nel 2008, quella francese sarà del 7% più grande, quella spagnola sarà del 3% più grande. Quella italiana sarà del 9% più piccola rispetto a com’era nel 2008”. Capire che siamo, noi, la grande divergenza negativa rispetto all’Europa dovrebbe essere un monito per tutti, a cominciare dalle forze politiche che hanno governato in questi dodici anni. Bisognerebbe capire i gravi errori compiuti, basti pensare al taglio degli investimenti e all’aumento della spesa corrente (esattamente il contrario di quello che hanno fatto tutti gli altri paesi europei). Certo anche l’Europa ci ha messo del suo con lo scriteriato patto di stabilità e col fiscal compact. Che però sono oggi superati. Invece pare che in Italia tutti ballino spensierati sul bordo del Titanic. Da tempo questo giornale ritiene che in una situazione di emergenza occorrano, come negli anni settanta, durante l’attacco del terrorismo e dell’inflazione galoppante, governi di emergenza. E invece i partiti italiani, orfani di personalità quali erano Moro, Craxi, Berlinguer, La Malfa, Saragat, i cui eredi andrebbero immediatamente diseredati, continuano in polemichette da bar come quella sul Mes appunto. Immagino che altre se ne scateneranno sul Recovery fund, anche perché questo fondo, contrariamente al Mes, é pieno zeppo di condizioni, peraltro ancor più indurite dall’accordo che si profila e che il presidente del Consiglio europeo Michel ha avanzato quest’oggi con l’accordo dei paesi cosiddetti frugali: Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia. Non é tanto importante e significativo il taglio di 50 miliardi delle risorse a fondo perduto (che passerebbe da 500 a 450 miliardi) e l’aumento di altrettanti miliardi per quelle a prestito. Le condizioni, come la presentazione di un recovery plan, legato a riforme e investimenti, e del piano triennale di esecuzione delle opere, c’erano anche prima. Oggi si chiarisce che questi piani vanno approvati dalla Commissione e anche dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Ma si profila oggi una nuova condizione.  E cioè quella dettata da ogni singolo paese Ue che potrebbe bloccare le risorse una volta stanziate con quel che si é definito “freno d’emergenza”. Se un solo paese si oppone alla erogazione dei fondi in tre giorni può sottoporre la questione al Consiglio o all’Ecofin. Strano che i Cinque stelle che contestano il Mes, per l’Italia si tratta di 36 miliardi la cui unica condizione é quella di spenderli nella sanità, accettino senza fiatare un Recovery che diviene oggi a rischio anche dopo che le risorse sono state erogate. Ciononostante é evidente che l’Italia non possa rinunciare al Recovery. Si tratti di ottanta miliardi a fondo perduto e di 70 a prestito o giù di lì, quei soldi sono necessari per far ripartire il paese. Usandoli certo per gli investimenti e l’occupazione e non per altri favori e prebende. Certo se dessimo anche qualche segnale di consapevolezza della nostra gravissima emergenza anziché spaventare gli investitori esteri sull’Ilva, su Alitalia, sulla Tav e su Autostrade, sarebbe meglio. Penso che anche Di Maio oggi se ne vada rendendo conto tanto che nel Movimento si apre una dura e inevitabile vertenza politica che investe anche il presidente del Consiglio. Personalmente non credo che l’incontro con Draghi sia stato effettuato a caso. L’Italia é la grande malata d’Europa per colpa sua, delle sue classi dirigenti che hanno puntato solo sull’interesse di parte e non su quello generale. Per ribaltarlo occorrono uomini nuovi, soluzioni nuove di governo e comportamenti di tutti che ripongano in fondo al cuore l’amor patrio.