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Il verbo di Draghi

Se si vuole ancora apporre steccati insuperabili tra sinistra e destra, in un’epoca caratterizzata da drammatici problemi comuni, lo si faccia pure. Mario Draghi ha risposto a coloro che ritengono che il suo governo sia l’effetto della crisi della politica: “Mi si consenta di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità”. Elencando i temi e i primi abbozzi di risposta, tutti inquadrati in una emergenza sanitaria, economica e sociale che é sotto i nostri occhi, Draghi ha sottolineato il dramma di un’epidemia che in Italia ha gia seminato 92.522 morti, 2.725.106 contagiati, mentre 2.074 sono i ricoverati in terapia intensiva, e che ha prodotto 444mila disoccupati in più nel 2020, mentre coloro che si rivolgono alla Caritas per generi di prima necessità sono aumentati di oltre il 40% rispetto all’anno precedente (quasi uno su due non l’aveva mai fatto), cosi come sono aumentate le disuguaglianze secondo i rapporti più autorevoli, con un tasso di crescita di quasi il 5%. A che serve distinguersi e combattersi, ha ammonito il presidente del Consiglio? Occorre un nuovo spirito di responsabilità nazionale. Come quella dell’immediato dopoguerra, dunque. Occorre avviare una nuova ricostruzione. Con l’atteggiamento dei nostri padri e dei nostri nonni che assicurarono un futuro migliore ai loro figli. Uscendo dai nostri egoismi e dalle nostre miopie. Questo può essere messo in atto solo nell’ambito dell’Europa, con l’euro come scelta irreversibile, perché si dovrà arrivare a un bilancio comune. “Perché non c’é sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”, ha opportunamente segnalato. I programmi lanciati da Draghi sono attinenti una campagna di vaccinazione che metta al bando nuovi ipotizzati strumenti (le primule) e si realizzi utilizzando tutte le risorse e le strutture esistenti, pubbliche e private. Questo dovrà dunque costituire la base per una riforma della sanità che rilanci la medicina sul territorio. Ma anche consentire che i miliardi stanziati per la scuola servano per una sua efficace riforma, rilanciando da un lato la tradizione umanistica e dall’altro gli istituti tecnici. Come in Francia e in Germania. Poi il Recovery plan (e in esso l’ambizioso piano per la ripresa e la resilienza). Avremo a disposizione 210 miliardi e questo, a giudizio di Draghi, dovrà consentirci non solo di riprendere a crescere, ma di stabilire la qualità della nostra crescita. Gli investimenti dovranno essere completati entro il 2026. Molto importante il passaggio sulla necessità di supportare alcune attività e di riconvertirne altre. Occorre puntare alla produzione di energia da fonti rinnovabili, combattere l’inquinamento dell’aria e delle acque, potenziare la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a produzione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5g. E occorre anche una riforma del fisco in salsa danese, progressiva (non certo la flat tax) e che porti a una diminuzione della pressione e una maggiore area di esenzione. In generale un forte discorso con accenti patriottici, una vocazione europeista e atlantista (per difendere i valori dell’Occidente), una spinta riformista in campo ambientale e tecnologico e un aggancio a un ruolo incisivo dell’Italia, che dovrà presiedere il G20, in politica estera. Evidente che questo necessiti del contributo del Parlamento e della società italiana e che occorra un’efficacia nuova e più incisiva della pubblica amministrazione, lo snellimento delle procedure per l’avvio delle opere pubbliche coi commissariamenti già deliberati dal precedente governo, e altri che dovranno essere adottati, e soprattutto un’immediata e massiccia campagna di vaccinazione che ci porti a fine estate a battere l’epidemia. Penso che il governo Draghi si dovrà segnalare come governo del fare. Fare anche ciò, e non é poco, che Draghi oggi non ha detto. Non ha parlato di riforma pensionistica, di reddito di cittadinanza, di Mes. Cioè di quello che può dividere la sua maggioranza. E la prima azione, con modifiche necessarie rispetto al passato, e con avvicendamenti anche nelle responsabilità di chi le ha garantite, é costituita dalla lotta al virus. Sono certo che il governo di unità nazionale di Mario Draghi saprà segnalarsi subito con un cambio di passo. Ne hanno bisogno i cittadini, che quotidianamente vengono sommersi da dichiarazioni contrastanti degli addetti ai lavori (presidente Draghi tolga loro il diritto di parola), ne ha bisogno l’Italia.