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Letta e ripassata

Sostenere che Letta, d’un colpo, abbia risolto, con la sua sola presenza, tutti i problemi di un Pd che pareva allo sfacelo, é insensato. Ma ritenere che con la guida di Letta non cambi nulla nell’area del centro-sinistra mi pare altrettanto azzardato. Proviamo a fare marcia indietro e a tracciare la situazione degli ultimi giorni di Zingaretti che assomigliavano a quelli di Pompei. Il Pd, assai simile al Csm così ben descritto nel libro di Sallusti-Palamara, era assediato dal gioco delle correnti, ufficialmente tre, ma con gruppi di facciata e sottogruppi che avevano balcanizzato il partito.

Un partito del quale il segretario, nella sua accorata lettera di rinuncia, diceva addirittura confessato di vergognarsi. Dall’altro lato i Cinque stelle, nonostante la scissione di Di Battista e diversi parlamentari, riprendeva, grazie alla leadership di Conte, ad irrobustirsi, proprio a discapito del Pd. Su un altro versante, si formava un polo liberaldemocratico con Calenda e la Bonino (senza Renzi) a cui aderivano movimenti, circoli e personalità di prestigio, ultimo in ordine di arrivo, Carlo Cottarelli. Stretto da sinistra e da destra il Pd rischiava (e forse rischia ancora) la fine del vaso che cade a terra e si frantuma. Letta per questo é stato chiamato, come si chiama un salvatore vissuto all’estero che in quel partito non solo non ha avuto il ruolo di commensale, ma che di quella logica, un tempo renziana, é stato la vittima principale. Tutti hanno, per ora, deposto le armi, per necessità o per condivisione non saprei, visto che in periferia la lotta si fa più dura che mai, penso ai casi di Roma e di Bologna, per le candidature a sindaco. Ma per ora tutte le correnti, i gruppi e i sottogruppi pare abbiano deposto le armi. Letta così ha potuto nominare i suoi vice e la sua segreteria senza particolari patemi interni. Resta la politica. Se Letta darà una sterzata, come le caratteristiche del personaggio lasciano presagire, verso una cultura di coalizione, come la proposta di tornare al maggioritario lascia intravvedere, allora attendiamo qualche doverosa precisazione. Difficile immaginare che sia possibile costruire una coalizione cha vada dai Cinque stelle, passando per Leu, che arrivi fino a Calenda e la Bonino che coi Cinque stelle non intendono avere nulla a che fare. Può essere che Letta intenda prima comporre una nuova alleanza tra Pd, Leu, Verdi, Bonino e Calenda, aggiungo per amor di patria il Psi, e per correttezza anche Renzi, e poi trattare un modus vivendi coi Cinque stelle di Conte. Ma per questa strategia dei due tempi non serve il maggioritario, ma il proporzionale. Se Letta intende proporre il maggioritario é perché ha in testa di costruire una coalizione larga prima delle elezioni. In un tempo unico. Ma se lo farà coi Cinque stelle e Leu aprirà uno spazio al centro per il nuovo polo liberaldemocratico che mi auguro da tempo si trasformi, con la presenza del Psi, in polo liberalsocialista, se invece vorrà riassorbire quest’area dovrà rompere coi Cinque stelle, e in questo caso l’assorbimento del polo liberaldemocratco sarà nei fatti. Lo vedremo anche dalla candidatura a sindaco di Roma, una volta stoppato Gualtieri. Appoggerà Calenda? Concorderà un suo ritiro tentando di individuare una candidatura comune? Andrà incontro a una sicura sconfitta dividendo in due il centro-sinistra?  Letta é chiamato a una scelta. Dopo i giorni della luna di miele iniziano quelli per dirla alla Giuliano Ferrara della ruspa e del fioretto. Quanto tempo gli daranno le sue correnti, i gruppi e i sottogruppi, prima di riprendere le vecchie abitudini?