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Sei referendum in cerca di… firme

Per scomodare Pirandello diciamo che i sei referendum non sono affatto in cerca di autore, ma di firme. I sei referendum possono rappresentare una svolta nel sistema giudiziario italiano. A ragione la sen. Bongiorno ha definito la riforma della ministra Cartabia un primo passo.

Questa riforma ha sostanzialmente smontato la legge Bonafede, approvata però anche dalla Lega, ma contestata dalla stessa Bongiorno, e ha stabilito che gli orientamenti generali dell’azione giudiziaria spettano al Parlamento. Adesso c’é tutto il resto. E molto del resto dipenderà dall’esito dei sei referendum che il Partito radicale ha promosso assieme alla Lega e ai quali ha aderito il Psi. Diamo una scorsa ad ognuno dei sei. Il principale riguarda il tema, dai socialisti più volte rivendicato, della separazione delle carriere dei magistrati. Questione delicata su cui si gioca il potere di quelli dell’accusa, i Pm, veri padroni del procedimento giudiziario, che possono in un batter di ciglia divenire anche giudici. Carriere diverse e ruoli differenziati stabiliscono l’assoluta terzietà del giudici nella parità tra accusa e difesa. Su questo argomento la Rosa nel pugno nel 2007, primo firmatario Enrico Buemi, presentò una proposta di legge che oltre a separare magistratura giudicante e requirente separava anche il Csm. Da sottolineare che la confusione tra magistrati dell’accusa e giudici era presente, in Europa, solo nella legislazione del Portogallo di Salazar. Un altro referendum riguarda l’elezione della componente togata del Csm. Il referendum, che é ovviamente abrogativo, elimina il dispositivo che prevede per ogni candidato una raccolta di firme dalle 25 alle 50, metodo che stabilisce così un’assoluta sua subalternità alla logica delle correnti. Personalmente sono convinto che l’unico modo per distruggere questo torbido rapporto sia il sorteggio. Ma un referendum abrogativo può solo sopprimere leggi o parti di leggi e non postulare una soluzione che non dipenda dalle conseguenze dirette della fase abrogativa. Un terzo referendum attiene agli abusi della carcerazione preventiva, che viene attenuata soprattutto nel caso di pericolo di reiterazione del reato, mentre restano intatti gli altri due che riguardano il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. Si tratta tuttavia di un segnale chiaro contro l’abuso che é stato abbondantemente fatto in materia di custodia cautelare. Un quarto referendum riguarda la legge Severino. Viene eliminata l’automaticità tra condanna e decadenza dai pubblici uffici. Per quest’ultima servirà un’ulteriore sentenza. Il quinto riguarda la soppressione della norma della legge Vassalli del 1988 che prevedeva, dopo il referendum vinto sulla responsabilità civile dei magistrati, che in caso di dolo fosse lo stato a risarcire l’imputato. Un cittadino potrà chiedere di rifarsi direttamente sul magistrato. Infine un sesto referendum chiede il diritto di voto agli avvocati e ai professori universitari membri dei consigli giudiziari sulle valutazioni professionali dei magistrati. Sei referendum e sei firme di tutti i socialisti. I Cinque stelle e il Pd hanno già annunciato la loro contrarietà, anche se numerosi sono i militanti e i dirigenti di questo partito che hanno firmato, vedi Bettini, o hanno annunciato che porranno la loro firma. Mentre Renzi e tutta Italia viva si é schierata a favore dei referendum Calenda (pensa un po’) non pare troppo interessato. Dal canto loro Forza Italia é attestata per ora sulla soluzione legislativa anche se guarda con favore ai sei referendum, mentre Fdi si dice contraria ad alcuni di questi. Per il Psi un’occasione unica per smarcarsi e caratterizzare la sua azione ancora e come sempre sul fronte della libertà e del diritto.