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Il bis

Non poteva che finire come nel 2013. Il Parlamento non é in grado di eleggere un nuovo presidente della Repubblica e prega quello vecchio di rimanere. Almeno per un po’. Le proposte più bizzarre sulle quali si era cercato il consenso sono tramontate, compreso l’ultima, la più inquietante, che prevedeva, con l’accordo preventivo tra Salvini e Conte, l’elezione del capo dei Servizi segreti Elisabetta Belloni.

Non siamo un paese sudamericano in cui può succedere di tutto. Ma, a parte l’alta considerazione che la Belloni merita, hanno fatto bene i nostri Nencini e Maraio a rigettare la proposta ancora prima che venisse formulata. E ha fatto bene Matteo Renzi a contrastarla efficacemente per primo. In molti escono sconfitti da questa penosa e asfissiante querelle. Che non è stata tale per il numero di votazioni richieste, molte di più ne sono servite a eleggere nel 1992 Scalfaro e ancora di più per eleggere Leone nel 1971. L’immagine che ne esce profondamente logorata é quella di una classe politica che meriterebbe di stare tutta dietro la lavagna con poche eccezioni. Di fronte a noi sta lo sfascio del bipolarismo imposto da leggi elettorali che non solo non hanno saputo diminuire la frantumazione politica, ma l’hanno vieppiù favorita e incrementata. Oggi nel Parlamento della Repubblica italiana convivono ben 15 gruppi parlamentari contro i sei, sette della cosiddetta Prima Repubblica. Escono sconfitti Salvini e la Meloni, che avevano l’ambizione, che si scontrava con l’aritmetica, di eleggere un presidente di centro-destra e hanno finito per umiliare la seconda carica dello stato. E per rompere (vediamo se sarà definitiva la rottura) con Forza Italia che ha rivendicato un ruolo autonomo. Esce sconfitto il centro che aveva scommesso su Casini e sulla possibilità di fungere da mediatore tra i due poli. Esce sconfitta la sinistra che non ha mai proposto un candidato, se non il signor Sediamoci, come ha rilevato beffardamente l’onorevole Fratoianni. Ed escono sepolti i Cinque stelle, che si sono rivelati un gruppo inaffidabile che prima sottoscrive un patto d’unità d’azione con Pd e Leu e poi lancia una candidata con Salvini. Caro Enrico, non c’é da star sereni quando si tratta con Conte. Speriamo che il Pd impari la lezione. Adesso siamo pronti a celebrare il bis. Che sarà, forse, breve. Per permettere a Mario Draghi di ultimare i lavori del suo governo e poter succedere a Mattarella tra un anno e mezzo. A meno che non ci siano nuovi colpi di scena, in un’anteprima del Festival piuttosto desolante.