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Un socialista a Kiev

Edoardo Crisafulli, autore fra l’altro del libro “Le ceneri di Craxi”, riminese, socialista dal 1983, da quando a Craxi venne affidato il compito di guidare il governo, e precedentemente uscito dalla Fgci perché quell’organizzazione era pencolante sui principi universali della democrazia e del rapporto tra i blocchi, è da anni addetto culturale del ministero degli Esteri italiano. E ha viaggiato mezzo mondo. Oggi ha 58 anni. Si definisce un socialista liberale o un liberalsocialista. Entrato alla Farnesina nel 2001, è stato nell’Istituto di cultura italiana in Israele per 5 anni, poi due anni a Tokio come vice direttore del medesimo istituto, 3 anni come direttore in Libano, poi anche in Sira, e dopo lo scoppio della guerra evacuato a Roma. Diciotto mesi fa è stato inviato a Kiev, che ha lasciato qualche giorno fa sotto il bersaglio dei missili russi. Voglio ricordare che Edoardo é tuttora iscritto al Psi e collaboratore dell’avantionoline. Sono riuscito a collegarmi con lui in Moldavia, dove era appena arrivato, perché gli volevo strappare una disponibilità a rilasciarmi un’intervista. L’ho trovato sfinito da tre giorni di viaggio senza dormire e quasi senza mangiare. Poi lo intercetto in Romania e ci mettiamo d’accordo. Gli invio domande scritte e lui mi risponde a voce. Gli chiedo subito che Kiev ha lasciato, com’é stato il viaggio e come si sente. Lui mi risponde che “ha lasciato una Kiev surreale, semideserta, coi militari che pattugliano le strade. Cittadini che con molta dignità, senza scene isteriche e di panico, fanno la fila nei supermercati e alcuni portano in giro il cane. Su tutti il presentimento della catastrofe. Il viaggio é stato allucinante. Non ho dormito per tre giorni. E’ cominciato dall’abitazione dell’ambasciatore Pierfrancesco Zazo, e proseguito con una macchina diplomatica. Ci davano informazioni sulle strade più sicure. Si procedeva a zig zag per evitare bombardamenti. C’erano numerosi posti di blocco. Siamo arrivati in Moldavia dopo tre giorni di viaggio. Avevamo solo tre biscotti e tre fette di pane con noi. Terribile il freddo. Insopportabile. Io avevo solo con me una piccola valigia messa insieme alla rinfusa per la fretta. In dieci minuti ho perso tutto quel che avevo, 2500 libri e molto altro”.

 

Riparto io. Edoardo smontiamo i pretesti di Putin. E in particolare quello delle motivazioni che avrebbero scatenato la guerra d’aggressione. E cioè la volontà dell’Ucraina di aderire al patto atlantico. Insomma la sua paura dell’accerchiamento.

 

“Sì”, mi risponde Edoardo, “il concetto dell’accerchiamento é pretestuoso e ideologico. Putin accusa ed é lui che minaccia gli altri. Si attribuisce un potere assoluto nella sua area d’influenza. O meglio, in quella che ritiene sia la sua. Come nel 1956 l’Urss in Ungheria e nel 1968 in Cecoslovacchia. Putin e rimasto quello del Kgb. Cioè ha una concezione sovietica del rapporto con i paesi ex sovietici. Con la differenza che mentre l’Urss, per dirla con le parole di Craxi, era “una società illiberale con tratti socialisti”, la Russia di Putin non ha alcun tratto socialista. Quando una piccola parte di gente di sinistra é così tiepida a contestare Putin affonda la sua timidezza in un paradosso: oggi la Russia é un sistema capitalista, su basi statali, che ha arricchito a dismisura pochissimi, i cosiddetti oligarchi, mentre le pensioni medie sono di 100 euro. La vera minaccia alla Russia é di tipo politico e culturale. Se l’Ucraina entrasse in Europa, cosa che chiede l’80% della sua popolazione, si aprirebbe alle porte di Mosca una singolare competizione di modelli. La contaminazione sarebbe drammatica per la Russia. I giovani, soprattutto, non accetterebbero di vivere in un sistema senza libertà e benessere al contrario dei loro fratelli ucraini”.

 

Pariamo di Ue. Ma la Nato è altra cosa…

 

“Ma gli ucraini”, mi precisa giustamente Edoardo Crisafulli, “chiedono di entrare nella Nato per quello che si é poi verificato. Se l’Ucraina fosse nella Nato non sarebbe stata invasa. Sergio Romano lo stimo. Ma contesto la sua analisi. L’Ucraina sbaglia perché non ha accettato la neutralità? Ma quale neutralità? Quella imposta? Dobbiamo abbandonare il modello Budapest 1956. Anche sugli americani. C’e differenza tra l’uso americano dell’egemonia fondato sulla ricerca del consenso e quello russo affidato sempre all’uso della forza. Tutti i popoli dell’ex patto di Varsavia non vogliono stare nell’area di influenza russa. Non ci vogliono stare liberamente, secondo una scelta loro”.

 

E dunque  non è che la Nato si sia allargata all’Est, sono le nazioni dell’Est che hanno voluto allearsi con l’Ovest…

“Certamente”, risponde Crisafulli. “Questi popoli si sentono più sicuri sotto l’ombrello protettivo della Nato. Hanno paura, con ragione, dell’imperialismo russo. Il nostro ministro degli Ester Di Maio ha detto al proposito cose giuste e pienamente condivisibili. Io stesso quando ho oltrepassato la frontiera ho respirato l’aria della libertà”.

 

Ti pare che l’Occidente abbia compreso in ritardo le mire di Putin?

“Non ha compreso in ritardo le mire di Putin”, mi risponde lui. “Nessuno si aspettava un conflitto armato di queste dimensioni. Quando sarà finita questa guerra anche noi dovremo trovare un punto di equilibrio con la Russia, ma anche e soprattutto con Ia Cina. I russi sono passati dallo zarismo all’Urss e ai regimi seguenti. Non si improvvisa una cultura democratica. L’Occidente deve trovare una via di riconciliazione. La pace sarà garantita da un buon rapporto ovest-est. Come decenni orsono”.

 

Qualcuno sostiene che nel 2014 ci sarebbe stato un colpo di stato contro il governo filo russo di Janukovich…

“Assolutamente no”, ribatte Crisafulli. “Nel 2014 non c’e stato alcun colpo di stato. La stragrande maggioranza degli ucraini allora come ora vuole entrare nell’Unione europea. Si confonde tuttora il russofono col russofilo. Nella vita quotidiana a Kiev si parla russo. Ma anche l’Austria parla tedesco, ma non é tedesca. I belgi parlano francese, ma sono belgi, gli svizzeri tedeschi parlano tedesco. Ma sono svizzeri. Gli ucraini sono più integrabili con l’Europa. Come hanno visto i russi l’Ucraina? I russi hanno sempre pensato che la Russia sia una potenza, ma che con l’Ucraina diventi un impero”.

 

E il genocidio del Donbass, uso una parola che unisce Putin a qualche frangia di casa nostra?

“Sul Donbass parlare di genocidio ë assurdo. Ma é sbagliato lo stereotipo che si usa. Si scambia il concetto della parola nazionalista che in ucraino dignifica patriottismo con la versione italiana, che sconfina nel fascismo e addirittura nel nazismo. Possono esserci oltranzismi. Ma sostanzialmente la maggioranza di nazionalisti difende l’unità e l’identità del loro popolo”

 

Mi pare che l’ambasciatore Zazo ne esca con un comportamento inappuntabile mentre Zelensky é divenuto un eroe nazionale…

“Il comportamento del nostro ambasciatore é stato eccellente. Impeccabile. Ma da lodare è stato il comportamento di tutto il personale dell’ambasciata. Zelensky si é dimostrato un grande leader. E’ riuscito a guidare il popolo in questa eroica resistenza. Auspico tuttavia che la soluzione del conflitto possa essere affidata a un negoziato e non un’escalation. Bisogna evitare che i morti si moltiplichino senza cedere sui principi basilari di indipendenza. Lasciami dire ancora due cose in conclusione. Sono orgoglioso di Draghi del governo italiano. Decidere di votare a favore dell’invio di armi non era facile per noi e per la Germania, visto il passato di entrambe. Sono contento del comportamento della Von der Leyen che ha saputo, a fronte delle sanzioni, tenere unita l’Europa. E da ultimo un elogio al presidente Biden che si sta rivelando un grandissimo uomo politico. La gestione di questa fase é stata impeccabile. Ha scelto la strada di rivelare al mondo informazioni riservate. Dando prova di verità sulle autentiche mire di Putin”.