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Liste di proscrizione?

Non mi sono mai piaciute le liste dei nomi dei nemici della patria, date in pasto all’opinione pubblica. Men che meno quelle stilate dal Copasir (che competenze avrebbe in materia?) e poi trasferite d’ufficio al Corriere. Ma le grida di scandaglio e le imprecazioni alla libertà sottratta (“Oh patria oppressa”, come nello struggente coro verdiano del Macbeth) mi fanno un po’ sorridere.

Trattasi evidentemente di scherzo da preti, di fuffa mediatica, di stupide allucinazioni di un servizio che evidentemente non guarda la tv. Dire che il professor Orsini, per le sue vocazioni filo russe, debba essere discriminato dalla tv é come pretendere che Mastella indovini i congiuntivi. Ieri sera ad un tempo imperavano sulla rete, con le loro scandalizzate denunce in nome della libertà di stampa, in due talk show coincidenti, Santoro e Travaglio con toni apocalittici sul futuro della democrazia in Italia. Mai come in questi giorni tanta propaganda russa, dall’intervista logorroica di Giletti ad una assatanata giornalista di regime ai molti dipendenti del Cremlino intervistati dalla televisione di stato e da quelle private, é circolata indisturbata. Magari Travaglio, Santoro, Ovadia, e il generale Bertolini assieme al superdestro Borgonovo lanciassero un appello per la libertà di stampa nella patria di Putin dove i giornalisti dissidenti o vengono avvelenati o finiscono in galera. Magari costoro reagissero alle minacce del falco Medvedev che dichiara che l’Occidente gli fa schifo e non vede l’ora di eliminarci tutti. Silenzio assordante. Perché costoro vivono e si arricchiscono con le accuse scriteriate contro la nostra società, la nostra storia e la nostra cultura. Se c’é da fare una battaglia di difesa si ritraggono come formiche nei loro buchi. E se la Russia invade l’Ucraina non si pongono il problema delle ragioni dell’aggredito ma discettano su quelle dell’aggressore. Vivono anche loro col perenne complesso di colpa dell’Occidente sfruttatore. E dalle loro analisi salta sempre fuori il Donbass, la regione in cui dal 2014, cioè dalla rivolta democratica ed europeista di Maidan, sono iniziati duri e sanguinosi scontri tra ucraini e russofili, appoggiati militarmente dal Cremlino. Fatto sta che Putin non ha invaso solo il Donbass, ma l’Ucraina puntando su Kiev e solo la resistenza armata (anche dall’Occidente) gli ha impedito di completare il suo disegno di “denazificare”  l’Ucraina. Come se l’Ucraina non fosse un paese democratico in cui si svolgono libere elezioni, nelle ultime delle quali la somma dei voti dei due partiti di estrema destra non raggiunge il 2%. E come se gli ebrei, organizzati in oltre 150 comunità prima dell’aggressione, non fossero assolutamente liberi come il presidente Zelensky, il presidente ebreo senza l’obbligo di indossare la stella di David, di

 

esternare la loro religione. Cercate pure le ragioni del nemico (come dovremmo chiamare chi ci vuole annientare?), ma ricordatevi che fino a qualche anno fa avevate eretto un monumento al movimento arancione che nel 2004 aveva portato al potere Julia Timoshenko. Adesso lei, incarcerata al tempo del governo filo russo di Janukovic, rilascia dichiarazioni patriottiche ferventi. Dice che aspetta i russi col fucile in mano in un’intervista rilasciata a Francesco Battistini sul Corriere. Probabilmente gli arancioni d’Italia, un movimento di sinistra capeggiato da autorevoli personalità della politica e dell’amministrazione, avranno cambiato colore…