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Perché La Giustizia

Ritorna in campo un’antica testata dal titolo quanto mai attuale. Si tratta de “La Giustizia”, settimanale socialista fondato e diretto da Camillo Prampolini nel 1886 a Reggio Emilia (dunque dieci anni prima dell’uscita dell’Avanti) e che poi divenne anche quotidiano, diretto da Giovanni Zibordi, nel 1904. Nel sottotitolo pronunciava la frase tipica di un socialismo umanitario che divenne cristiano cogli articoli dello stesso Prampolini (celebre la sua Predica di Natale del 1897). E cioè che non si proclamava “l’odio per la classe dei ricchi, ma l’urgente bisogno di una riforma sociale”.

La Giustizia diverrà poi, nel 1922, il quotidiano del Psu di Turati, Treves, Matteotti e dello stesso Prampolini, espulsi dal Psi di Serrati a pochi giorni dalla marcia su Roma. Fu diretta da Claudio Treves. Continuò le pubblucazioni, sia pur fortemente limitata da censure e sequestri, sino al 5 novembre del 1925  quando fu chiusa in seguito al fallito attentato a Mussolini di Tito Zaniboni e poi definitivamente soppressa con le leghi del 1926. Venne poi rieditata dal Psli nel 1947, divenuto Psdi a partire dal 1951e, dopo l’unificazione socialista, tornò ad essere il giornale provinciale del Psi unificato, per ritornare al Psdi dopo la scissione del 1969. Venne poi ripubblicata dal Psi a partire dal 1989, quando il legittimo proprietario Giuseppe Amadei, che l’aveva ereditata da Alberto Simonini, aderì al Psi. Dal 1993 subì la stessa fine dell’Avanti. Niente finanziamenti, niente pubblicità e la gloriosa testata fu costretta a chiudere. Rinasce oggi in versione online. Oggi che la giustizia sociale è tornata argomento di pressante attualità. Oggi che la povertà abbraccia in modo soffocante cinque milioni di italiani mentre sempre più si allargano le disparità tra poveri e ricchi. Oggi che il mondo globale ci rimanda a sfide storiche sui temi della sovranità nazionale e  dell’unità europea, mentre si affermano in modo preoccupante nuovi sistemi autoritari e imperialistici. Il giornale di oggi si diffonderà anche sull’altra giustizia, quella civile, inquinata da una casta autoreferenziale di magistrati che in Italia hanno invaso il campo della politica importandone le logiche peggiori. E anche da un sistema giudiziario che sta esponendo, con processi che si protraggono per decenni e torturano la vita di tanti imputati, anche innocenti, centinaia di migliaia di cittadini. E che dire di un sistema carceraio disumano e criminogeno che costringe alla galera anche chi non è ancora stato giudicato? Anche di questa giustizia vorremmo parlare. Di quella di coloro che catturano un boss dopo trent’anni di latitanza e di quella di chi ha perseguitato Giovanni Falcone. E’ impegnativo il nostro compito e la parola che sovraintende al nostro giornale e che l’ispira ha valore imperativo. Ci impegneremo in tante battaglie di civiltà per gli ultimi, per i diseredati e gli oppressi, per i perseguitati e gli afflitti. Convinti come siamo che solo un socialismo liberale possa riuscire ad abbinare giustizia sociale e amore per la libertà. Non posso dimenticare la frase di Sandro Pertini secondo il quale “a nulla porterebbe la più ardita riforma sociale se per conseguirla venissimo privati della libertà”. E così pure a ben poco porterebbe una libertà solo formale senza giustizia sociale. Saranno questi i due orizzonti verso i quali proiettarci. Con lo stesso spirito e lo stesso entusiasmo di quei giovani scapestrasti che nel 1886 diedero vita a questo giornale ai quali le persone “perbene” guardavano con malcelaro sospetto proviamo a cominciare. Anzi, a ricominciare. Ce la faremo.