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Cose turche

14 Febbraio 2023 163 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Mentre in Turchia, Libia e Kurdistan un tremendo terremoto ha seminato lutti e tragedie e anche la nostra Giustizia è a fianco di quei popoli in parte martoriati anche dalla guerra, in Italia nessun terremoto politico è annunciato. La Meloni invita a star calmi innanzitutto chi si è agitato, e sono i suoi Donzelli e Dalmastro, e la campagna elettorale per le elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio incombe. E ancora con esiti, che paiono scontati, di sconfitta della sinistra e del centro-sinistra. Peccato nel Lazio, dove si sperimentava una nuova alleanza tra Pd e Terzo Polo con l’esclusione dei Cinque stelle che, tra l’altro, si sono esclusi da soli a causa del termovalorizzatore di Roma, contestato come i luddisti contestavano i primi macchinari nelle fabbriche. Quello che non riesco a spiegarmi è questa vocazione pre moderna e antiscientifica dei seguaci di Grillo che urlavano no alla Tap, non all’Ilva, anche se disinquinata, non alle trivelle, no al rigassificatore di Piombino. E sì mai a niente o quasi. Meno male che erano al governo quando è esplosa la pandemia, altrimenti avrebbero detto no anche ai vaccini, c’è da giurarci. Cose turche anche a Sanremo. Amadeus leggerà lui la lettera di Zelesnki dopo le polemiche dei giorni scorsi, in cui Salvini e Grillo hanno alzato i toni. Abbassarli a Sanremo, d’altronde, è complicato. Nessun dubbio, che Zelenski che non si spaventa delle bombe russe, si sia spaventato delle frasi inopportune di costoro. E’ giusto ricordare, a proposito della politicizzazione di Sanremo, episodi della sua storia. Nasce nel 1951 e l’anno dopo la vincente anche dell’anno prima, Nilla Pizzi, si presenta con un pezzo “Vola colomba”, dedicato a Trieste e alla sua italianità. E che dire di Piove di Modugno del 1959, anno seguente la legge Merlin. Sarà un caso quel “Ciao, ciao, bambina”? Vogliamo parlare di Luciano Tajoli, escluso fino al 1961 perchè poliomelitico (al festival era considerato sconsigliabile per le sua infermità) e poi vincitore nel 1961 con la canzone “Al di là” in coppia con Betty Curtis? E che dire del grande Umberto Bindi che venne allontanato non solo da Sanremo ma da tutta la Rai per la sua omosessualità? Vogliamo parlare del pezzo di Modugno “Meraviglioso”, escluso perchè si parlava di suicidio nel 1968, l’anno dopo la tragedia di Luigi Tenco, la cui canzone, che parlava di un emigrato, venne clamorosamente bocciata anche dalla giuria degli esperti, e del 1965, quando Dusty Spingfield si esibì a Sanremo appena espulsa dal Sudafrica perchè aveva cantato a un pubblico miisto di bianchi e di neri? E del 1971, quando i contestatori tirarono uova al pubblico in solidarietà cogli immigrati sfrattati mentre pacifisti chiedevano una riforma del Festival?  E del 1979 con Benigni su woitilaccio e cossigaccio e del 1984 quando si recò da Baudo una delegazione dell’Italsider in sciopero, o del 1989 quando partirono querele a Grillo e finì l’assurdo ostracismo verso Mia Martini e Gino Paoli partecipò nonostante fosse deputato del Pci? E vogliamo ricordare il Festival del 1990 con ospiti dell’Est appena liberato dal comunismo? E vogliamo ripensare al 1993 con la canzone di Neck contro l’aborto o al 1995 quando uno del pubblico, per disperazione, tentò di buttarsi dalla balconata dell’Ariston, salvato da San Pippo, o della canzone di Povia sui gay contrastata in platea da Franco Grillini? Mi saranno sfuggiti altri episodi. Questo per ricordare a tutti che il Festival ha quasi sempre ha affondato le sua radici nella realtà culturale, sociale e politica del momento. E che la presenza di Zelensky non sarebbe per nulla stata un episodio stravolgente. Ci accontenteremo della lettera letta dal prode Amadeus. Una guerra, mentre si canta, non la si può dimenticare come non si possono dimenticare le migliaia di vittime del terremoto in Turchia, Libia e Kurdistan. Anche il terremoto deve fare la sua parte. Le note non possono che suonare a lutto di fronte a questa ennesima tragedia. A volte non si canta per dimenticare, ma per riflettere di cose ucraine e anche di cose turche.

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