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Del Bue: “Matteotti grande leader del socialismo riformista”

19 Giugno 2025 74 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Emozionante la cerimonia al cimitero di Fratta polesine dove una folla attenta, il 15 giugno, si è stretta alla nipote del martire, Elena Matteotti, figli di Matteo, piu volte parlamentare socialista e del Psi e ministro. C’erano tutti i sindaci della zona, nonché l’on. Romeo. Poi tutti al palazzo Museo Matteotti per le orazioni ufficiali. Il tutto coordinato dai dirigenti veneti della Fgsi Giuseppe Comberlato e Giuseppe Toscano. Il primo, segretario della Fgsi del Veneto, ha svolto una breve ma efficace relazione sul rapporto tra i giovani e la politica. Il secondo ha messo in rilevo la mancanza di partecipazione che può annullare lo stesso significato della democrazia.Mauro Del Bue, direttore de La Giustizia, ha tratteggiato la vita politica di Matteotti sostenendo che del suo martirio si è parlato molto nel corso delle varie celebrazioni del centenario, ma del Matteotti politico poco o nulla. Del Bue é partito da lontano: “Matteotti anche se di famiglia agiata nasce socialista. Collabora al giornale della Fgs La lotta, si candida, e viene eletto, consigliere comunale a Fratta dove sarà poi anche vice sindaco, é eletto consigliere provinciale di Rovigo, ma anche sindaco di Villamarzana e consigliere in ben 12 comuni, dove la sua famiglia aveva possedimenti e pagava le tasse. Questo testimonia il rapporto profondo e costante, che non si affievolirà mai, col suo territorio. Si laurea in giurisprudenza all’Università di Bologna nel 1907 e sposa Velia Titta, sorella del famoso Titta Ruffo, baritono affermato, ma é la lotta politica che l’affascina. E’ un riformista sui generis, rigoroso, fermo, radicale. E convinta é la sua adesione all’espulsione decretata da Mussolini dei riformisti di destra che non intendevano romprere con Giolitti nonposrante la guerra di Libia. Più malleabile fu al congresso del 1914 sulla massoneria. Si associò all’ordine del giorno riformista Zibordi e non a quello di Mussolini. Molto netta anche la scelta neutralista in occasione dell’esplosione del conflitto bellico. Arrivò a ipotizzare una sollevazione popolare prendendosi anche i rimproveri di Turati. Nell’infuocato dopoguerra sposò in pieno le posizioni riformiste e concentrazioniste polemizzando coi massimalisti e coi comunisti. Al congresso di Livorno del 1921 rimase un giorno poi partì per Ferrara, suo collegio elettorale dove era stato eletto nel 1919, per soccorrere il gruppo dirigente socialista arrestato per i fatti di Palazzo Estense. Un anno dopo Serrati fece quello che non volle fare l’anno prima. Espulse i riformisti tra i quali Turati, Prampolini, Treves e Matteotti appunto. E Matteotti divenne segretario del nuovo partito che prese il nome di Psu. Dal 1922 al 1924 voglio ricordare, oltre alla sua ferma e militante opposizione alfascismo che culmina nel discorso parlamentare del maggio del 1924, due scelte chiare di Matteotti. Nell’aprile del 1923, Matteotti illustrò le sue posizioni politiche in un opuscolo distribuito tra i dirigenti del Psu ponendo di fatto le basi ideologiche della Socialdemocrazia italiana del dopoguerra. Matteotti esprime come condizione fondamentale per l’appartenenza al partito il ripudio della violenza come forma di lotta, identificando come unico strumento di azione il metodo democratico e la libertà politica, così la lotta di classe come la difesa del lavoro tramite l’azione politica nel bene della collettività e l’equa divisione dei profitti, faranno in modo da eliminare progressivamente l’odio di classe. Nell’ottica dell’internazionalismo socialista, Matteotti promuove tutte quelle attività diplomatiche volte a evitare i conflitti sostenendo la Lega delle Nazioni e la formazione degli Stati Uniti d’Europa. La seconda scelta fu il netto rifiuto alle proposte di unità avanzate da Togliatti. Nel gennaio 1924 Matteotti rifiutò la proposta comunista di costituire un “fronte unico di opposizione proletaria al fascismo” in vista delle elezioni politiche. In replica alla lettera inviatagli da Palmiro Togliatti il 23 gennaio, respinse le tre condizioni poste dai comunisti: accettare l’indirizzo tattico comunista, antitetico a quello socialista unitario «come dimostrano le continue polemiche, spesso offensive, contro di noi»; partecipare alle elezioni in qualunque condizione abbandonando il proposito di un’astensione elettorale (giudicata da Matteotti la forma di protesta più efficace contro il regime); escludere un’opposizione al fascismo mirante alla “restaurazione pura e semplice delle libertà statutarie» e aperta alla partecipazione di partiti non operai”.  Matteotti osservò: “Il porre tali condizioni pregiudiziali a una intesa – che secondo noi dovrebbe mirare, innanzi tutto e in ogni modo, alla conquista delle libertà politiche elementari e a trarre il proletariato dalla attuale tragica situazione – significa non solo rendere assolutamente impossibile l’intesa, ma anche vana ogni discussione. Se tale era il vostro scopo l’avete indubbiamente raggiunto. Ma non vi sarà permessa la solita comoda manovra, per scaricare su di noi la responsabilità, che è vostra, di avere diviso e indebolito il proletariato italiano nei momenti di più grave oppressione e pericolo”. In una lettera a Turati scritta poco prima delle elezioni del 1924, Matteotti evidenziò la necessità di ricostituire l’unità socialista con i massimalisti del PSI, anch’esso ormai “nettamente discorde da Mosca”, ed espresse un duro giudizio sul comunismo. Il leader socialista sostenne: “Non è permesso tenere divisa la classe lavoratrice italiana. Il nemico attualmente è uno solo: il fascismo. Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicata dall’uno diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura in atto dell’altro. I lavoratori italiani, ammaestrati dalle dure esperienze del dopoguerra, devono riunirsi concordi, contro il fascismo che opprime e contro l’insidiosa discordia comunista”. Dopo il suo omicidio Gramsci scrisse su l’Ordine nuovo dell’agosto del 1924 un articolo dal titolo  “E’ morto il pellegrino del nulla”. Certo Matteotti non era pellegrino di Mosca ma del socialismo nella libertà”.Il socialismo riformista e liberale hanno salvato dalla storia del socialismo I due aggettivi riparano il sostantivo dal fallimento e dalle tragedie. La sua testimonianza di libertà, aver messo a disposizione il suo corpo per le sue idee di libertà rappresenta il supremo atto di una vita combattuta per ideali che si proiettano nel presente e nel futuro. Matteotti é più vivo che mai, il fascismo é morto per sempre. Ripeto. Mussolini non ha ucciso Matteotti. Matteotti ha ucciso Mussolini.

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