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Tra Israele e Iran

23 Giugno 2025 79 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Una volta, in presenza del bipolarismo Usa-Urss, si chiedeva ai comunisti italiani dove avrebbero preferito vivere. Arricciavano il naso e generalmente si rifiutavano di rispondere. Poi arrivò Berlinguer, che considerò la Nato un ombrello protettivo al contrario di Fratoianni e consorte, e anche i comunisti optarono per l’America. Non erano ancora i tempi di Walter Veltroni e del suo kennedismo, lui che comunista non era mai stato e se lo era non se n’era accorto. Oggi é facile avere risposta se formuliamo identica domanda a proposito di Israele e dell’Iran. Tolte le minacce, le tensioni e anche gli orrori, resta il fatto che il sistema israeliano poggia sulla democrazia e non la teocrazia, che gli oppositori sono eletti in parlamento e il popolo può tranquillamente protestare nelle piazze, mentre a Teheran se una donna porta il velo e la polizia morale non lo ritiene corretto rischi di finire male. Una volta a Pietro Nenni chiesero dei difetti delle democrazie e il vecchio leader rispose: “Ne hanno molti ma io non ho ancora visto un sistema migliore”. Personalmente sono convinto che sia Netanyahu che Trump siano il peggio di quanto possano offrire le due democrazie. L’uno ha bombardato a dismisura Gaza, dopo il massacro del 7 ottobre, facendo migliaia di vittime innocenti, anche se non tutte. L’altro ha sottratto in più di un’occasione l’appoggio all’Ucraina invasa e bombardata dai russi che hanno mietuto il doppio delle vittime di Gaza. Quasi il triplo sono le vittime della guerra civile dello Yemen promossa dagli Houthi, alleati di Teheran. Resta il fatto che le democrazie hanno il dovere, soprattutto quando compiono atti di guerra, di avere le idee chiare. Nessuno stato, dice il diritto internazionale, ne può invadere un altro. E’ un principio, non un dogma. Facciamo tre esempi. Il Kuwait non doveva essere invaso dall’Irak, ma per liberarlo, l’Onu, non gli Usa, colpirono Bagdad. Era un’invasione? No. Un bombardamento. Ma se avessero invaso l’Irak avrebbero risparmiato un’altra guerra e migliaia di morti. Avrebbero violato il sacro principio? Sì. Un secondo esempio. Il governo D’Alema alla fine degli anni novanta bombardò coi paesi Nato Belgrado per aiutare i kossovari a raggiungere la loro indipendenza dalla Serbia. Il Kossovo si liberò e raggiunse la sua indipendenza. La Nato violò un principio ma ottenne un risultato. Terzo esempio. In Bosnia ci fu un’autentica carneficina tra serbi e musulmani che si concluse dopo stragi di stampo nazista e la condanna di Mladic e Milosevic. La comunità internazionale non mosse un dito. Fece bene? Non credo. Doveva entrare in guerra e proteggere le popolazioni armi in pugno? Penso di sì. Lascerei perdere il diritto internazionale, poi, se chi lo chiama in causa é impegnato in un’aggressione a una nazione indipendente. Mi pongo però una domanda. Israele e Usa quando hanno deciso di attaccare l’Iran che obiettivi avevano? Quello di privarlo del nucleare bombardando tre centrali e colpendo qualche militare e scienziato? Ma siamo sicuri che il rischio del nucleare iraniano sia estinto? Ancora non si hanno risposte certe a questa domanda. E poi. Trump e i suoi lo negano ma Israele lo teneva in serbo. E’ possibile che un attacco a un paese determini una rivolta popolare di quel paese nei confronti del suo governo? In linea di massima é possibile. I bombardamenti anglo-americani, numerosi e cruenti, determinarono un’avversione degli italiani a chi in guerra li aveva portati: il fascismo. Ma nella regione medio orientale i cambi di regime hanno sortito non nuove democrazie, ma piuttosto il caos, la violenza e l’ingovernabilità. Il colpo di Stato in Egitto e in Algeria, per evitare che l’estremismo islamico, che pure aveva vinto le elezioni, potesse governare, é stato un bene o un male? Se qualche militare avesse impedito a Hitler, che aveva vinto le elezioni nel 1933, di prendere il potere sarebbe stato un bene o un male? Risposta scontata. Ritorniamo alla tangibilità dei sacri principi. E alla dura legge delle cose. Che devono essere sempre valutate per quel che producono e non in base a codici assoluti. Ma in Iran non é ancora chiaro.

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