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The end

3 Luglio 2025 50 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Lo ha sentenziato Trump. La guerra é finita. Alt ai missili da entrambe le parti. Il nucleare iraniano é stato smantellato. Detto da uno che in 24 ore avrebbe fatto finire la guerra all’Ucraina e che doveva prendersi due settimane per decidere se bombardare i siti iraniani e poi li ha bombardati dopo due giorni, c’é da dubitarne. Eppure oggi é stata una giornata tranquilla. Israele ha sparato ancora a Gaza uccidendo una quarantina di civili, ma i cieli che congiungono Tel Aviv e Teheran non sono stati segnati da strisce di aerei da combattimento e da missili proiettati da una base militare. Oggi é il giorno del silenzio. La guerra dei 12 giorni abbassa il sipario. Tutto risolto dunque? Quando le armi tacciono é un bel giorno per il medio oriente, per l’Europa e il mondo. Quando le popolazioni possono riprendere la vita normale, fatta di uffici e fabbriche, di bar e ristoranti, di scuole e università, si deve tirare un sospiro di sollievo. Ma che si possa tirare un rigo e parlare, come é solito fare Trump, di questioni risolte, ce ne passa. Domanda numero uno. I bombardamenti ai tre siti nucleari iraniani, nonché l’eliminazione di capi militari e scienziati, scongiurano una ripresa in tempi brevi dell’arricchimento dell’uranio che, secondo le notizie pubblicate, avrebbe debordato di molto il limite fissato per il suo uso civile? Anche su questo ci sono opinioni non uniformi. Si parla di anni, ma qualcuno addirittura di pochi mesi. Se quest’ultima previsione fosse esatta i bombardamenti israeliani e americani non sarebbero serviti a molto se non a distruggere macchinari e uccidere persone. Per Trump la superbomba americana che avrebbe trafitto e distrutto il sito di Fordow che, scavato in profondità, non avrebbe potuto essere colpito, é da paragonare alle due bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki che hanno messo fine al secondo conflitto bellico, paragone che fa venire i brividi tanto sia stata crudele e umanamente atroce quella decisione. Gli Usa sono tuttavia in condizione di stoppare l’iniziativa bellica israeliana e Netanyahu sa benissimo che non può inimicarsi Trump anche per l’apporto da quest’ultimo dato alla guerra dei 12 giorni. Quindi può essere che la tregua duri, anche se i risultati della guerra paiono al momento decisamente scarsi e contraddittori. Anche il secondo obiettivo, più israeliano che americano, quello del regime change, si allontana. Le bombe israeliane avevano colpito il feroce carcere di Evin a nord di Teheran dove vengono rinchiusi e torturati i dissidenti politici e spesso anche impiccati. Un curioso precedente. Anche sui campi di sterminio nazisti dove gli ebrei venivano gasati c’era chi chiedeva bombardamenti per permettere fughe. Qualche morto valeva bene la salvezza di altre vite anch’esse destinate a finire nel vento, come recita la bella canzone. Ma al carcere di Evin pare non sia successo nulla. Non una massa di dissidenti che grazie al bombardamento fuggono e si dirigono nelle piazza inneggiando alla rivoluzione. Il sentimento prevalente pare sia stato quello della paura, unito a quell’altro dell’appartenenza, Se così fosse l’attacco israelo americano avrebbe prodotto l’opposto. Non la fine del criminale regime degli ayatollah ma il suo consolidamento. Vedremo cosa accadrà nelle prossime giornate. A oggi il piano israeliano, appoggiato dagli Usa, non mi pare proprio abbia avuto un gran successo. Trump canta vittoria, gli israeliani, meno enfatici, no.

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