Il simpatico ministro ombra abruzzese della giustizia pidino propone che per mettere in carcere un inquisito ci voglia il benestare di tre giudici e non del solo gip. E la maggioranza, con Ghedini in testa, applaude. Bene. Anche noi siamo d’accordo. Dispiace però che per capire l’arbitrarietà degli arresti, che quasi mai tengono conto dei tre casi specifici (pericolo di fuga, reiterazione del reato e manomissione delle prove) previste dalla legge, abbiano dovuto subire una retata di uomini del loro partito. Come San Tommaso avevano bisogno evidentemente di metterci il naso. Tenaglia e non solo lui deve aver… tremato. E deve avere pensato. Meglio tre. Che oltrettutto è numero perfetto.