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A proposito dei provvedimenti disciplinari a De Michelis e a Spini

In questa fase politica i provvedimenti disciplinari nei partiti non esistono praticamente più. Non c’è un caso di un provvedimento di sospensione nel Pd (ed è successo di tutto, liste locali contrapposte, offese pubbliche, indagini giudiziare, per non parlare dei voti contrapposti alla Camera nell’ultima legislatura sulle missioni internazionali). Nel Pdl forse non c’è neppure la commissione di garanzia. Ma i fatti della Sicilia sono lì a testimoniare che anche se si fanno liste contrapposte, vedi l’esempio di Miccichè, e lotte furibonde, non scattanno mai provvedimenti. C’è una logica. Non esistono praticamente più i partiti e quindi n0n esiste più l’obbligo di disciplina. Ma c’è di più. Nessun partito ha ormai la forza di entrare nel merito di quel che accade in periferia, dove effettivamente accade di tutto, e per tutti, e di dividere il giusto dall’ingiusto, l’ortodosso dalll’eterodosso, l’olio dall’aglio. Così i partiti hanno deciso di lasciar fare e di non sancire nulla dal punto di vista disciplinare. Tanto alla fine le scelte che contano, e cioè le candidature e le nomine, sono di spettanza dei capi ed è in quel momento, semmai, che si decide la pena, cioè l’eventuale sostituzione del reprobo. Allora fa un pò ridere che il Ps, anzi la Commissione di garanzia del Ps, abbia deciso la sospensione dal partito per mesi tre (perchè poi tre?) di due compagni come De Michelis e Spini e, da quel poco che so, anche della Girolamini, per mancanza di disciplina. Oddio, fare liste contro quella ufficiale del Ps non è certo da applausi. Ma anche qui c’è una contraddizione. Se Spini e la Girolamini hanno fatto liste, De Michelis le ha solo appoggiate. Con un pò di giustizia, e magari codice penale alla mano, si dovrebbe distinguere tra chi commette un reato e chi lo approva, no? Io eviterei sempre provvedimenti disciplinari, dunque, anche per non apparire ispirati da una sorta di assurda logica da caserma assediata, sindrome da Deserto dei tartari. E discuterei in segreteria di questi casi con molto buon senso. E’ chiaro che ci sono compagni che vogliono lasciarci e lo hanno in fondo già fatto. Se qualcuno vuole andare che vada, ma la cacciata ricorda vagamente quel che fecero con Magnani e Cucchi nel 1951. Le loro dimissioni dal partito vennero respinte all’unanimità e i due furono esplulsi. Un laico li avrebbe solo lasciati andare.