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Da Tangentopoli al Gran Varietà

Quando il prode Di Pietro, sfoderando il suo spadone, sancì la fine della cosiddetta prima Repubblica, senza che nascesse la seconda, si poteva intuire che presto o tardi tutti i nodi sarebbero arrivati al pettine. Si disse che i vecchi partiti prendevano le tangenti (scoperta traumatica solo per chi non aveva orecchie per sentire e occhi per vedere), si rivelò che si trattava di partiti corrotti, che dovevano essere sostituiti con nuovi soggetti politici che non corrispondessero più alle vecchie identità finite come calcinacci sotto il muro di Berlino e poi di Milano. E nacque un sistema in cui il nome “partito” venne quasi da tutti ripudiato: Forza Italia, Lega (la sola forza che era nata qualche anno prima), Ccd, Cdu, An, Si, Pds, (che perse quasi subito la P) e via dicendo. Chi poteva vincere in un sistema siffatto e post partitico, regolato per di più dalla reductio a due (viva l’alternativa che sembrava impossibile in Italia, anche se non importa tra chi) se non un prestigiatore, un grande uomo di spettacolo, che parlava di politica senza conoscerla e vantandosi di questa carenza come se fosse una virtù, ma che ha avuto il merito indiscusso di coprire un vuoto lasciato dai vecchi partiti di governo e di opporsi, utilizzando il suo evidente conflitto d’interessi, contro l’altro conflitto d’interessi, quello tra magistratura e politica? Nacque vincendo Berlusconi, parto diretto di Di Pietro e di Tangentopoli, e da 16 anni imperversa e vince sempre (anche nel 1996 avrebbe vinto se avesse confermato il patto con la Lega e nel 2006 ha ottenuto più voti se sommiamo Senato e Camera ed è stato punito da un premio di maggiorazna ottenuto alla Camera per una briciola di consensi). Sapevo che il crollo sarebbe stato non solo di Berlusconi, ma dell’intero sistema. E che in qualche misura Berlusconi non sarebbe andato sotto per via d’una legge o d’un voto. Berlusconi come uomo di  spettacolo può solo sparire per uno spettacolo sbagliato, per il fallimento d’una sua scena, per l’errore d’una battuta. Come quegli attori che non s’accorgono che il pubblico non li gradisce più e continuano a recitare e sbagliano continuamente recita e commedia e peggiorano continuamente la loro situazione, così Berlusconi recita ormai giornalmente una parte sbagliata, aggravando la sua condizione di leader. E questo delle escort e di Ruby e delle altre che imperversano e chiedono quasi il conto della loro improvvisa notorietà è spettacolo semplicemente stucchevole. Come stucchevole sono le frasi a getto continuo del premier che parla come al bar della via accanto sfoderando una cultura, sul tema della sessualità, da “Riccardo che stasera gioca al biliardo”. Può anche essere che in questo caso egli intercetti parte di una cultura gretta ancora purtroppo popolare, che concepisce l’uomo diverso come un essere inferiore. E’ vero che è meglio un uomo che ride che un uomo che piange e Berlusconi è maestro di barzellette e di battute ironiche. Però egli ha superato il limite del buon senso e non so nemmeno se tutto questo non sia stato studiato e sia solo il frutto della sua ansia da prestazione. Se insomma egli non voglia intercettare gli istinti peggiori del Paese, che ritiene maggioritari. Qualsiasi uomo libero, però, e a maggior ragione quasiasi socialista, dovrebbe opporsi e rifarsi alla migliore tradizione del socialismo riformista e liberale italiano: a Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Loris Fortuna, Pietro Nenni, Bettino Craxi. Che c’entrano costoro con questa roba da sottoscala? Il Gran varietà non è ancora finito. Non so cos’altro ci possa riservare quest’ultima fase del berlusconismo e d’un sistema politico nato da Tangentopoli e dal dipietrismo. Credo che presto avveranno novità importanti. Non mi stupirei se al voto (se si andrà alvoto) riprevalesse Berlusconi, ma sarebbe una vittoria di Pirro, con gli alleati leghisti più forti di lui e con il suo post partito ridotto in brandelli. Forse la sinistra non vincerà perchè neppure se lo merita. Non sarebbe allora il caso di proporre una soluzione diversa dal passato?  E cioè un governo di unità nazionale per fare le riforme e dare l’estrema unzione a un sistema politico che ha fallito e che è nato sulle tangenti ed è morto sulle donnine? La fine di Berlusconi sarà la fine del sistema nato con Berlusconi, dei partiti di carta e anti identitari, dell’alternativa nevrotica e deleteria per il Paese, della politica intesa solo come spettacolo. E allora che finisca tutto presto.