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Lutero e Calvino: avanti i riformatori

Riformatori cristiani contro conservatori cattolici. Meglio gli uni o gli altri? Il duello si aprì nei primi decenni del Cinquecento. Ma bisogna fare un balzo indietro. Un balzo lungo duecent’anni. Per ritrovarsi, però, ancora immersi nei vecchi problemi di teologia. Eppure il XIV secolo segna la crisi del Papato, che diviene una sorta di dependance del re di Francia e nel contempo si assiste al risveglio della cultura laica. Soprattutto in Italia, dove la letteratura, la pittura, le arti si affinano e si sviluppano assieme all’economia di tipo commerciale nelle città del Nord Italia e soprattutto nella città di Firenze, allora alle prese con il grande conflitto tra guelfi e ghibellini. Conflitto che poi terminerà con la dittatura della famiglia dei Medici e col suo primo signore Cosimo. Il papato, corrotto con Bonifacio VIII, dopo il gran rifiuto “per viltade” di Celestino V, si divise tra sostenitori dei francesi e degli italiani. I primi duellavano con Zinedine Zidane che avanzava a testuggine e i secondi si difendevano con certo Materazzo dei Materazzi, che rispondeva sempre a tono mettendo in giro chiacchiericci sulla sorella del francese. Con Clemente VII il papato si spostò ad Avignone. Nacque la fase del papa e dell’antipapa. Poi a Pisa ne venne proclamato un terzo, la sintesi o terzo polo. Che naufragò. Già sopportare un papa allora dovette essere improbo, ma doverne sopportare due e addirittura tre era davvero impossibile. Con tanto di seguito e di famiglie e di amanti e di servitù e di spese e di tasse e di balzelli. Come nel “Mistero buffo” di Fo. Anche per questo, durante le criminose imprese della famiglia Borgia, Cesare era il figlio di papa Alessandro (allora c’erano anche i Papapapà), durante lo Scisma e i confitti e i tributi sempre più alti che il papato pretendeva dai suoi sudditi e l’assurda politica delle indulgenze che metteva in vendita per assolvere da tutti i peccati coloro che sottoscrivevano una sorta di Bcp (Buono contro i peccati) e dopo avere conquistato anche nuove terre allo stato pontificio, dalla Romagna alla città di Ancona, qualcuno deve avere pensato: “Dio è morto”. Non era Francesco Guccini da Pistoia, ma si chiamava Martin Lutero ed era un tedesco nato nel 1483, nove anni prima della scoperta dell’America, figlio di commercianti. Pare che la sua conversione fosse dovuta a un fulmine. Un lampo lo sfiorò e salvò il futuro padre della Riforma. In Italia c’erano già stati Cimabue e Giotto, Dante, Boccaccio e Petrarca, la filosofia s’era accresciuta delle tendenze cattoliche democratiche di un Marsilio da Padova e di un Guglielmo Occam, trent’anni prima era nato Leonardo da Vinci, il più grande genio di tutti i tempi, vent’anni prima erano nati certo Niccolò Macchiavelli e anche Erasmo da Rotterdam, e cinque anni prima Tommaso Moro. Ma nessuno di loro era stato miracolato dal cielo. Anzi, Dante era stato esiliato da Firenze, con l’accusa di concussione (assai moderna nel regno di Silvio I). E  dovette sorbirsi (solo Dante, però) l’onta dell’esilio. Che sia stato a Ravenna e non ad Hammamet è puramente casuale. Boccaccio s’occupava prevalentemente di tante sinuose e accattivanti Bocca di rosa o Ruby da Bunga Bunga, ed era eretico al di là dell’immaginabile (il contrario di Sant’Agostino che vedeva il peccato anche solo nel desiderio) ed era così distante dalle tesi e dai comportamenti di preti castrati o addirittura autocastrati per il pericolo del sesso sempre incombente. D’altronde, che ci fossero già stati anche i poeti maledetti, primo fra tutti Cecco Angiolieri, era frutto anche del cambiamento della morale. E poi i papi il sesso lo praticavano anche al di fuori dell’illegittimo accoppiamento. E poi che dire della Laura del Petrarca che sarà stata anche “colei che sola a me par donna”, ma era donna anche nella sua carnalità e dei poemi cavallereschi del Boiardo e di Ludovico Ariosto, così sensualmente amorosi? Solo lui, però, Martin Lutero, era stato amnistiato dal cielo e doveva avere una funzione ben superiore. E se Macchiavelli era tutto dedito al suo principe, Lutero si era convertito e dedicato a Dio, nella versione più pura. Divenne sacerdote, dopo aver studiato in diverse università e insegnò ed elaborò la sua nuova versione del cristianesimo. Una versione che prendeva il latte da Sant’Agostino. E che dunque era tutta impregnata del culto del peccato. L’origine della querelle che diede avvio alla Riforma stava nell’ostilità alla corruzione papale, ostilità appoggiata dai tanti signori della Germania che erano vessati dai tributi che il papato pretendeva da loro. E dunque assolutamente interessati a quell’indipendenza dalla Chiesa di Roma che Lutero iniziò a proclamare. Affisse anche le sue 95 tesi sui muri d’una cattedrale e tedesca, come a dire: “Ecco i miei comandamenti” Che non erano solo dieci, ma molti di più. Lutero, dopo un viaggio a Roma, aveva voluto prendere le distanze dal papa. E questa scelta comportò in lui anche l’esigenza di marcare più forte la dottrina. Se per Agostino il peccato originale è la fonte di tutti mali dell’uomo e fa sì che gli uomini siano salvati solo dalla grazia di Dio, Lutero insiste e afferma che le opere nulla valgono e la fede tutto può. E insiste ancora. Volete saperla tutta? E allora io vi dico che anche ciò che si fa a fin di bene si fa per paura dell’Inferno. Si diventa sacerdoti, si accudisce un malato, si salva un uomo in guerra, tutto ciò lo si compie perchè vogliamo essere considerati virtuosi, dunque meritevoli della grazia e del paradiso. Sia ben chiaro, per lui nessuno è generoso di natura. Anzi siamo tutti egoisti. E dunque, perchè dovremmo essere salvati per le nostre opere? No, nessuno si può salvare con le opere, ma solo dalla grazia di Dio. E dunque noi dobbiamo essere in rapporto diretto con Dio che solo può salvarci, altro che chiese e sacerdoti e sacramenti. Anzi i sacramenti vanno tagliati in tempo di inflazione da cristianesimo. Sono sette, zac (taglio tremontiano orizzontale). E abolì la cresima, l’estrema unzione e anche il matrimonio. Che era un’istituzione giusta, ma che non poteva diventare sacramento. Naturalmente poi mise in discussione l’infallibilità del papa e anche l’esistenza stessa delle gerarchie cattoliche e il ruolo dei sacerdoti sostituiti da semplici pastori. Apriti cielo. Il conflitto con la Chiesa di Roma s’aprì con una voragine di ostilità. Più oltre un altro sacerdote, e studioso tutto d’un pezzo, certo Giovanni Calvino, francese, fu anch’egli oggetto d’una sorta di miracolo. La sua carrozza venne assediata da banditi e costretta a deviare su Ginevra. E tale conversione obbligata fu dichiarata “la più significativa deviazione della storia”. Quando si dice il caso o il volere di Dio…. Calvino portò all’estremo questa teoria di Lutero sull’influenza della grazia e sull’ininfluenza delle opere. E avanzò la tesi della predestinazione. Tutti siamo peccatori, per via di Adamo, e nessuno si salverà perché fa il buono e il bravo. Si salverà qualcuno solo perchè predestinato e scelto da Dio. A questo punto, però, perchè comportarsi bene? Perché se sei da buttare anche se ti comporti bene (ti comporti bene, diceva Lutero, solo perchè hai paura dell’Inferno) figurati se fai il furbo. Lutero divenne oggetto di particolare cura dell’ufficialità cattolica e rischiò più volte la vita. Tutto si può dire meno che Lutero amasse il razionalismo e la logica e così, al contrario di tanti filosofi umanisti, egli rinnegò Aristotele e lo definì “un caprone puzzolente”, caricatura di dubbio gusto del più grande filosofo greco. Ma non basta. Fu contestato da Erasmo da Rotterdam (un suo successore degli anni ottanta del 900 fu definito Orgasmo da Rotterdam da una discendente dei conti Della Rovere). Erasmo, dopo avere assunto una posizione ispirata al “né con Lutero né con la Chiesa cattolica”, sposò poi la tesi di quest’ultima scagliandosi contro le teorie luterane. Mentre Calvino fece di Ginevra la città più religiosa dell’Europa, Lutero si dedicò a difendere i suoi principi e prese posizione contro la rivolta dei contadini tedeschi, affermando, riguardo al comportamento dei principi (i quali, qualora lo avessero seguito sarebbero stati anche i capi della sua Chiesa): “Ritengo che sia meglio uccidere dei contadini che i principi e i magistrati, poiché i contadini prendono la spada senza l’autorità divina. […] Il momento è talmente eccezionale che un principe può, spargendo sangue, guadagnarsi il cielo. Perciò cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi”. Allucinante. Anche Calvino ridusse i sacramenti e ne salvò solo due: il battesimo e la cosiddetta cena, respinse il culto dei santi, la preghiera dei defunti e la struttura gerarchica della chiesa. Oddio, lui venne definito “il dittatore di Ginevra” e quando uno gli dava torto s’incazzava a tal punto che gli faceva capire che non si poteva dar torto alla parola di Dio. Mi ricorda un professore del mio Liceo che diceva, se qualcuno lo contestava: “Voi non amate la cultura”. Luteranesimo e calvinismo dilagarono in Europa e contribuirono anche a formare coscienze nazionali in alternativa alla tendenza centralista della chiesa romana. Poi dire che i riformatori fossero meglio dei conservatori, che la sinistra fosse meglio della destra, che il bipolarismo Riforma-Controriforma, fosse quello tra progressisti e reazionari, bè, ce ne passa. Qualcuno avanzò il dubbio che Lutero si sia suicidato, qualcun altro parla di morte naturale dovuta al mal di cuore. Di certo non fu ucciso dal papa e questa, come dicono i cronisti di oggi, è già una notizia.