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Il pacifismo di destra

L’intervento in Libia, a difesa della resistenza a Gheddafi e su mandato dell’Onu, ha fatto emergere, per la prima volta, una sorta di pacifismo di destra nel nostro paese.Sarebbe meglio dire un “non interventismo egoistico”, ma se alla prevedibile e rituale contestazione comunista di Ferrero e Diliberto che, parafasando Chavez, ripropongono il vecchio slogan “Americani go home”, oggi si aggiunge un vasto fronte di contestatori di destra, è giusto tentare di capire meglio. Se il non interventismo di sinistra, infatti, è un deja-vu, quello di destra è una novità i cui caratteri vanno meglio individuati. Ne colgo soprattutto tre: uno riferito alle conseguenze sul terreno dell’immigrazione interna, il secondo riferito al possibile danno sulle importazioni di materie prime, e dunque in particolare del petrolio, il terzo sulle incognite politiche dei nuovi alleati. Credo si tratti di questioni che non possono certamente essere sottovalutate. Ma, a parte il fatto che è tutto da dimostrare che non si sarebbe sviluppata una maggiore immigrazione dalla Libia qualora Gheddafi fosse stato lasciato libero di sterminare la propria popolazione ribelle e non si sarebbero verificate anche conseguenze sul prezzo e l’esportazione del greggio, non vedo come queste due preoccupazioni possano condizionare, anzi determinare, l’atteggiamento dell’Europa e degli Stati uniti nei confronti di un possibile genocidio. In questo caso, e la posizione di destra, allora, è anche tutto sommato coerente, i nostri interessi egoistici dovrebbero contare più dell’apporto umanitario, peraltro apertamente richiesto e oggi esaltato dai ribelli. Lasciamoli morire, insomma, per non avere, noi, possibili danni. Posizione che la Lega ha assunto e che alcuni autorevoli esponenti del centro-destra hanno in qualche misura fatto loro. Mi riferisco a Giuliano Ferrara, ieri favorevole all’intervento in Iraq non autorizzato dall’Onu e oggi assai perplesso di fronte a quello in Libia, attuato su mandato delle Nazioni unite. In lui c’è, ed è evidente, un atteggiamennto di ostilità nei confronti del presidente Obama, al quale  egli ha sempre preferito il decisionismo di Bush. Anche questa questione, e cioè la presidenza democratica di Obama, condiziona oggi il pacifismo di destra. Com’eran belli i tempi in cui Bush, e prima di lui, Reagan, bombardavano a piacimento senza nessun mandato internazionale, coi muscoli e non con la ragione. Il terzo argomento dovrebbe essere, di contro, una forte motivazione per l’intervento. Pensiamo alle possibili reazioni dei ribelli a fronte dell’indifferenza delle Nazioni unite. Le tendenze anti occidentali avrebbero avuto decisamente il sopravvento. Questioni tribali, integralismi islamici, vecchi rancori territoriali sono certamente presenti nell’area della rivoluzione, ma è appunto la necessità di separare l’olio dall’aglio, cioè le tendenze democratiche da quelle integraliste, il compito che ci attende e al quale non avremmo certamente potuto assolvere con l’indifferenza. Se il neo pacifismo di destra è una novità, ma è assolutamente spiegabile, quello di sinistra è una sorta di parodia del passato. Un nuovo Vietnam, una nuova Corea, che di tanto in tanto s’affacciano come ricordi indelebili di vecchi compagni di scuola. Ieri con barba e capelli lunghi, oggi scantonati e imbiancati. Se l’Occidente non avesse mosso un dito a fronte della repressione di Gheddafi avrebbero ugualmente protestato e marciato per l’ignavia del capitalismo che continua a trattare coi dittatori. Visto che hanno deciso di muoversi, allora non cambia l’accusa. Lo fanno solo per interesse, per il petrolio. Come ribattere a due accuse uguali su due comportamenti opposti? Impossibile. E poi, ancora. Ma se intervengono in Libia allora perchè non intervengono dappertutto, ovunque ci sono dittatori? Che mi ricorda la vecchia teoria del benaltrismo, che serviva a non parlare mai di una questione alla volta. E che porta ancor oggi ad una conclusione assurda: “E’ meglio non intervenire mai e lasciare tutto com’è”. Paradossale no? Credo che adesso la situazione sia delicata. Non sono certamente uno di quelli che credono che la coalizione risolverà in fretta la vicenda libica. Il mandato dell’Onu è troppo ristretto e non prevede nessuna occupazione di Tripoli. E dunque il problema che si porrà è quello di come conciliare il mandato avuto, esclusivamente in difesa della popolazione civile, con la dittatura di Gheddafi che se, restasse al potere, potrebbe diventare assai più pericolosa di prima. Ma questa è un’altra storia, che nessuno potrà, però, certamente trascurare.