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Onorevoli commenti (da Forza Reggiana 7 gennaio 2012)

Lasciamo così, senza Mangone…

E’ finita come doveva finire. E non è stato un botto di fine anno. Il siluramento di Mangone era maturo da tempo. Non è neanche vero che la causa di fondo sia stata la rottura con una parte di giocatori. Il motivo essenziale è quel sest’ultimo posto in classifica che brucia e che spaventa. Un mister che prende la Reggiana l’anno scorso, squadra sicuramente più forte dell’Alessandria e secondo me anche del Sorrento, e non raggiunge i play off, e che la riprende quest’anno, un po’ meno forte, ma non di tanto, e la lascia alle soglie del girone infernale, non poteva che essere esonerato. Dispiace che alcuni giornalisti (ma solo loro) abbiano difeso fino in fondo un allenatore che a Reggio, purtroppo, non lascerà un buon ricordo. Auguri di buon anno, però, anche a Mangone, che quest’estate mi disse che non capivo niente di calcio. Gli risposi che lui non capiva niente di politica, di musica, di letteratura, di storia, ma io non gliene facevo una colpa. E che un grande direttore d’orchestra capiva più di tutti i loggionisti messi insieme, ma accettava che costoro lo contestassero. Lasci dunque scrivere su “Forza Reggiana” anche uno che certo capisce meno di lui. L’arroganza non paga mai. E non semina frutti. Spero per Mangone, e per il suo futuro, ch’egli moderi il suo carattere o diventi presto Mourinho. Perché solo se sei un grande tutti ti sopportano. Devo dire che non mi è piaciuta quell’intervista postuma di velenoso attacco a Barilli e alla società. Nel 1962, ma era un altro calcio, Gigi Del Grosso, che aveva fatto le fortune della Reggiana portandola dalla IV serie alle soglie della seria A, si dimise da allenatore per dare una scossa alla Reggiana, che si trovava nella zona retrocessione della cadetteria. Oggi gli allenatori non se ne vanno mai, per questioni di stipendio, e quando vengono esonerati sbattono anche la porta. Che tempi quando si cantava la vecchia canzone “Lasciamoci così senza rancor…”.

E venga il Salvatore

“Lanna, voglio Lanna”, cantavano i vecchi Dik Dik. Ma era Anna, donna misteriosa e avvenente, alla quale rivolgersi attraverso un’invocazione quasi religiosa. E Lanna sia, cui tutto si può imputare tranne di non essere persona gentile e mite. E pronta, anche. Perché coi botti di fine anno si è sfilato le scarpe bullonate e ha indossato la tuta da mister. In seconda però, perché Lanna non ha il patentino e come allenatore da panchina è arrivato Zauli, come Lanna giocatore di serie A. Come Mangone. Ma, dicono, assai più umile. Salvatore Lanna è chiamato a un impresa facile e a una difficile e pericolosa. Quella facile è farci uscire dal pantano in cui ci siano cacciati, di battere le squadre meno forti di noi, di evitare dunque il pericolo dei play out, anche con l’aiuto degli innesti che arriveranno in queste settimane (si parla di quattro giocatori dei quali due 1992). Il compito difficile è invece quello di convincere gli sportivi che questa è una buona squadra e che la colpa dei magri risultati ottenuti era solo di Mangone. Perché se così non fosse, allora il nostro velenoso ex avrebbe dalla sua la possibilità di prendersi una rivincita. Avete voluto farmi fuori e chiamare il Salvatore? E adesso che Lazzaro è ancora morto?

Vorrei dir se posso…

Se fossi poi uno che non manca mai allo stadio da cinquant’anni (ne avevo otto quando cominciai), allora direi che la Reggiana ha ottenuto i migliori risultati quando Dominissini comprese che si doveva giocare col 4-4-2 e davanti c’erano Rossi e Alessi (anche Pane lo fece con Ingari e Rossi) e che Mangone ottenne i migliori risultati quando si convinse, in ritardo, della necessità di far giocare Alessi dietro una punta sola. Averlo fatto giocare mediano di rottura per quattro, diconsi quattro partite, è reato che dovrebbe essere punito. Salvatore Zauli, una grazia, oggi. Presenta Alessi nel suo ruolo di rifinitore e di mezza punta con Rossi davanti. E ti canteremo le lodi, vada come vada. A destra sarebbe molto bello vedere un uomo di fascia (Iraci o anche Esposito se se la sente di coprire un po’), in mezzo Ardizzone e Calzi, uno che sa impostare e uno che sa coprire, poi Viapiana e a sinistra Matteini sperando che sia guarito (non è che ci vede doppio come Gattuso…) e dietro, con Bellucci o Silvestri in porta, Aja, Zini, Sperotto (anche perché altro adesso non c’è, a meno che non sia pronto Mei). In quest’ultimo caso dentro Mei e fuori Matteini e modulo 4-4-2. Mi sono spinto troppo avanti. Lo so. Ma il calcio è un gioco e in Italia ci sono cinquanta milioni di allenatori, compreso chi scrive. Più uno che non l’ammette…