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Il problema della libertà

Sono figlio di un partigiano, e mio padre mi portava alle sfilate il giorno della Liberazione. La Resistenza è parte della mia vita familiare e di quella del mio partito. Ad essa ho dedicato un’approfondita ricerca nel volume secondo della “Storia del socialismo reggiano”, per dimostrare che l’apporto dei socialisti nella provincia di Reggio è stato consistente e in alcuni casi anche preminente (la figura di Augusto Berti, il colonnello Monti, capo delle forze partigiane in montagna, e poi primo segretario del Psli dopo la scissione di Palazzo Barberini, è stata, ad esempio, troppo poco considerata dalla storiografia ufficiale). Ho scritto volumi di storia locale e approfondito in uno di essi anche le questioni relative al dopoguerra reggiano che scaturirono dal confronto che s’aprì nell’agosto del 1990. Ho sempre pensato che la storia e la politica non siano facilmente separabili, ma neppure che debbano essere subordinate l’una all’altra e ho sempre manifestato curiosità per ogni ricerca attendibile, da qualsiasi parte venisse formulata. Anche per questo ho accettato di partecipare alla presentazione del terzo volume di Tadolini sulla Repubblica sociale. E’ questa una colpa? Tadolini precisa di avere svolto dibattiti “con Massimo Storchi di Istoreco, Giannetto Magnanini dell’Anpi, Vainer Burani di Rifondazione Comunista, Claudio Silingardi dell’Istituto Storico della Resistenza di Modena” e di aver partecipato “a dibattiti televisivi con Notari e Zambonelli dell’Anpi e ancora con Storchi di Istoreco”. Aggiungo che Tadolini (assieme a Storchi e a Franco Boiardi) ha partecipato nel dicembre del 2001 alla presentazione del mio volume “Novecento”, coordinata dal giornalista Nicola Fangareggi alla sala del Capitano del popolo. Non credo dunque sia la partecipazione in sè a poter destare scandalo. A meno che a me non sia consentito quel che è consentito a tutti gli altri. E sarebbe quanto meno discutibile. Sono le cose che ho sostenuto, allora? Ma cosa ho sostenuto? Non essendo stati presenti al dibattito di Vetto, i miei polemici interlocutori prendono naturalmente come riferimento il mio comunicato del 21 gennaio in cui sostenevo tre semplici, e per la verità neppure originali, opinioni. La prima riguardava “l’alto valore della lotta di liberazione che era innanzitutto lotta contro l’invasore tedesco e poi contro un regime che gli era alleato”, senza nascondere “l’esistenza di errori e anche di veri e propri orrori nella guerra civile, compiuti sull’uno e sull’altro fronte”. Cos’è? Un’affermazione blasfema? Non lo hanno riconosciuto tutti gli storici di sinistra, da Pavone, e per stare sul piano locale, allo stesso Storchi? L’omicidio del seminarista Rolando Rivi o del raggazzino scandianese Nanni Lasagni, l’eliminazione del comandante Azor, con quale aggettivo vogliamo classificarli? Possiamo farlo con lo stesso che usò il giovane partigiano Giorgio Morelli, oggi giustamente riabilitato da tutta la sinistra? La seconda: ho citato il caso Onfiani, il segretario di Bagnolo ucciso da non si sa chi (adesso forse sì, vero Otello Montanari?) e perchè, quando i Cervi erano in carere e destinati alla prima rappresaglia. Basta leggere a tale proposito il libro di Liano Fanti “Una storia di campagna” (Fanti era un partigiano comunista poi passato al Psi) e le considerazioni di Otello Sarzi sul caso Facio (Dante Castellucci, della squadra dei Cervi, assieme a Sarzi e sua sorella Lucia, ucciso dai suoi in provincia di La Spezia), e gli atti dello stesso convegno sui Cervi che si svolse a Sant’Ilario nel 1990, per riconoscere che questi interrogatrivi erano stati già più volte proposti. E infine quel riconoscimento a Tadolini come “riequilibratore” che in fondo è un po’ sminuire la sua stessa funzione. Se uno riequilibra vuol dire che è sempre in rapporto con qualcun’ altro. Personalmente ho sempre avvertito la necessità di andare oltre la porta di casa. E di uscire dalla verità assoluta dei vincitori, non perché quella dei vinti sia più vera, ma perchè vorrei essere io, liberamente, a selezionare e sintetizzare. E più materiale viene messo a disposizione e più la capacità di selezione e di sintesi viene soddisfatta. Se questo merita scomuniche e crucifige dev’esserci necessariamente dell’altro. Ma scusate, non è stato il presidente della Camera Luciano Violante a parlare con rispetto anche dei “ragazzi di Salò” che, per dirla con la bella canzone di De Gregori, “morivano dalla parte sbagliata”? Se questa polemica verso di me non finisce non credo sia per la questione dell’antifascismo. Forse è invece emersa la questione del riformismo, della democrazia, del rispetto e della tolleranza. Su questo piano siamo ancora evidentemente molto indietro. Se tutto questo merita addirittura gli insullti e le minacce che mi sono state rivolte da un blog di un giornale su Internet allora, almeno per costoro, il problema è ancora quello della concezione della libertà.