Il Trio
Come quello di Lopez, Solenghi e Marchesini, anche il governo ha deciso di servirsi di un trio: l’Amato-Bondi-Giavazzi. Il trio A-B-G, indispensabile per la riforma del finanziamento ai partiti, per lo spending rewiew e per i contributi alle imprese. Ne avevamo davvero bisogno? Credo di sì, perché il passaggio dai politici ai tecnici, lo si sapeva dall’inizio, poteva non bastare. E nel giro di passaggi di testimone c’è sempre un tecnico più tecnico che ti manca. Solo che nel cerchio di ritorno riappare come ad un punto di partenza ancora Giuliano Amato, insieme politico, tecnico e supertecnico. E Amato, con Giavazzi, che domenica sparava a zero sul governo Monti nell’editoriale del Corriere, e col curatore fallimentare a tempo pieno Bondi, hanno di fatto commissariato i ministri. Secondo una logica istituzionale Monti avrebbe dovuto nominarli ministri questi tre o almeno sottosegretari di presidenza. Invece ha preferito la formula mai adoperata di consulenti. Come un tempo erano in fondo loro, i ministri attuali, che da tecnici si sono trasformati in politici. Da non capirci più nulla, anche perché il trio, per l’autorevolezza riconosciuta, si troverà nelle condizioni di contare assai più dei relativi ministri competenti. Che a questo punto potrebbero ritornare a fare i tecnici, come nella loro tradizione. Ho un sospetto: che il trio A-B-G risponda al trio A-B-C (Alfano, Bersani, Casini). Cioè che tre, che è numero perfetto, e che Hegel usava per lo sviluppo del pensiero nel rapporto tra una tesi, un’antitesi e una sintesi, non sia affatto numero casuale…
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