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Se Grillo è il primo partito dica che governo vuole

È vero che il centro-sinistra ha ottenuto il premio di maggioranza alla Camera e che ha, nel contempo, conseguito più voti e seggi al Senato. Resta il dato di fondo. E cioè che al Senato la coalizione di Bersani non dispone, neppure con l’appoggio della lista Monti, di una maggioranza parlamentare. Un’analisi attenta spinge a commentare il voto non già come il risultato di un’inaspettata rimonta del centro-destra, che non è stata per niente clamorosa, ma come il frutto di un netto cedimento di voti e percentuali dal Pd al Movimento 5 stelle. Si tratta di poco più di cinque punti che negli ultimi giorni sono stati travasati e che né i sondaggi e nemmeno gli exit pool avevano potuto fotografare. Un cedimento del Pd che è stato determinato da diversi fattori, non ultimo dei quali una campagna elettorale molto sottotono del suo candidato premier, evidentemente convinto di dover solo sorvegliare sulla sua sicura vittoria. Il problema di fondo resta oggi l’ingovernabilità o, sarebbe meglio dire, la difficile governabilità. Ritengo assai arduo ritenere che il Movimento 5 stelle possa accordare la fiducia al governo Bersani, nemmeno su un programma limitato e per un tempo transitorio. E ritengo assai problematico che si possa formare un governo di solidarietà tra Pd e Pdl, soprattutto dopo gli aspri scontri degli ultimi tempi. Che altro resta se non il deprecabile, immediato ritorno al voto, mentre l’Italia rischia la paralisi e lo spread vola, i mercati ci aggrediscono e tutto va alla malora? Forse un governo istituzionale, formato da un’alta autorità, mentre Camera e Senato dovrebbero certo cedere, come ritengo giusto che sia, almeno una presidenza al Movimento 5 stelle, che fondi la sua essenza sulla necessità di una riforma elettorale e dello Stato, e su alcune misure di equità per i cittadini. Un governo che potrebbe ottenere, dall’esterno, l’appoggio di tutti, per tornare alle elezioni tra un anno. Un governo della transizione e dell’emergenza. Se anche questo non fosse praticabile, non lascerei senza conseguenze il voto a Grillo. Il suo movimento è il primo partito politico alla Camera e ha il dovere di indicare una soluzione alla crisi. Non può sfuggire al tema della governabilità del Paese, altrimenti il voto conseguito servirebbe a nulla. Grillo insiste a sottolineare la sua diversità. Ma l’Italia ha bisogno di essere governata se non vuole finire nel baratro, ben di più di quanto non sia adesso. La politica sta diventando più simile a una tragedia che a una commedia, con responsabilità immani delle classi dirigenti. Si tratta di sapere se, sull’orlo del precipizio, è responsabile che qualcuno voglia spingere l’Italia definitivamente nel burrone. Magari ridendoci su.