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Ricordi di Cile

11 Settembre 2013 1.269 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

La mattina presto mia madre mi svegliò mormorando quasi in lacrime che Allende si era ammazzato e che i golpisti cileni avevano preso il potere. L’emozione fortissima, di quell’11 settembre del 1973, si trasformò in rabbia. Salvador Allende era un socialista che aveva conquistato il potere democraticamente col voto del popolo cileno. Aveva dovuto subire molte traversie, contestato da ceti intermedi anche per l’ostinazione massimalista del suo avversario interno di partito Altamirano (c’è sempre uno più a sinistra della sinistra), ma soprattutto aveva dovuto subire i colpi dell’aspra contestazione politica interna della Dc di Edoardo Frei ed esterna degli Stati Uniti. Quella mattina, quando la politica era la passione preferita di un’intera generazione, si svolse subito un incontro dei movimenti giovanili dei partiti, che stilarono un comunicato congiunto. Poi la sera una grande manifestazione si snodò per la strade della città con noi, giovani socialisti, orgogliosi di quel nostro compagno che aveva combattuto contro l’ingiustizia e per difendere la democrazia e la legittimità del suo governo. Pochi giorni dopo composi anche una canzone su Allende che cantavo con gli amici accompagnandomi con la chitarra. E venni incaricato di parlare a nome dei movimenti giovanili al palasport nel corso di una manifestazione che mise insieme gli Intillimani (“pur che no se tratta de cambiar un presidente, sara el pueblo che construia un Cile bien differente”), il poeta Rafael Alberti e le autorità cittadine. Dovevo parlare, avevo all’epoca solo 22 anni, davanti a seimila persone ed era la prima volta. Mi tremavano le gambe. L’orgoglio di rappresentare un partito che aveva lo stesso nome di quello di Allende vinse la paura. Poco dopo fu proprio Craxi, che era parte di una delegazione dell’Internazionale socialista, ad esser minacciato da un militare nel cimitero di Santiago dove era sepolto Allende. Cominciammo da allora ad ospitare i profughi cileni. Anche noi, alla federazione del Psi di Reggio Emilia. Ricordo Juàn Marino, che figurava come il loro punto di riferimento assieme alla sua famiglia e che allietava i nostri festival dell’Avanti con ottime bevande sudamericane. Quanti ricordi di gioventù mi lascia il Cile. Sono trascorsi quarant’anni e l’amore per la politica, quella densa di emozioni, di tensioni, di passioni forti, si è quasi assopita. Svilita da cadute di certezze, di ideologie, di partiti che esistevano da cent’anni e sostituiti in Italia da simboli botanici, da aziende, da confusioni di identità. Non mancano certo oggi, purtroppo, guerre, colpi di stato, tensioni politiche, ma manca la certezza di essere dalla parte giusta e di combattere per la parte giusta. Quarant’anni fa sapevano che Allende aveva ragione e che Pinochet era un usurpatore. Eravamo certi di avere ragione e avevamo l’orgoglio di essere socialisti.

 

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