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Quando cade un avversario

Dopo la sconfitta elettorale di De Gasperi, che aveva gettato sul piatto delle consultazioni del 1953 la sua proposta di legge elettorale definita erroneamente “truffa”, Pietro Nenni scrisse sul suo diario che non aveva condiviso le manifestazioni di giubilo dei parlamentari comunisti perché  ”gli avversari vano sconfitti, non umiliati”. Oggi Berlusconi, che non aveva perso le elezioni, è stato dichiarato decaduto dal Senato in base alle prescrizioni di una legge che prevede che i condannati a pena superiore ai due anni non possano sedere in Parlamento. Noi non solo non esultiamo, come con modi sfacciati e disgustosi hanno fatto ieri i Cinque stelle, ma siamo anche umanamente tristi. Un uomo condannato e decaduto non può trasformarsi in un simbolo di vittoria politica. Purtuttavia non possiamo accettare che dal fronte opposto si levi una protesta così sopra le righe, che sconfina nell’eversione. Attacchi brutali al capo dello stato, riferimenti espliciti al colpo di stato, manifesti con Berlusconi prigioniero politico delle Bierre, come se lo stato italiano fosse paragonabile a chi ha seminato di lutti e di morte i nostri anni settanta. È tanto viva la nostra democrazia, pur in presenza di settori della magistratura politicizzati e di una legislazione da cambiare, che le possibilità di difesa di Berlusconi vengono garantite anche dopo l’ultima delle tre sentenze. Da organismi europei e dalla possibilità perfino di ottenere una revisione del processo si possono attingere nuove verità e anche un ribaltamento della sentenza della Cassazione. C’è un vecchio detto indiano che invita a non cavalcare la tigre anche perché scendere dalla tigre in corsa è piuttosto complicato. Soffiare sul fuoco è pericoloso soprattutto oggi, che non viviamo in un momento di fredda tranquillità